
A cura dell'avv. Giuseppe Perillo
Nell’attuale contesto
economico, caratterizzato da una competizione sempre più serrata nei settori
dei servizi e del commercio on-line (e-commerce), hanno assunto
particolare rilevanza le imprese che operano nel campo del digital marketing,
mediante l’implementazione di strategie volte a migliorare la visibilità ed il
posizionamento di siti web o piattaforme e-commerce nei risultati
organici dei motori di ricerca, primo fra tutti Google (cosiddetta SEO – Search
Engine Optimization). Tali attività mirano ad aumentare i contatti, il
traffico in rete e, conseguentemente, ad ampliare la porzione di mercato
presidiata dall’impresa. Tuttavia, sorge un interrogativo: cosa accade quando
la strategia di marketing digitale non sortisce gli effetti sperati in
termini di vendite o di incremento del fatturato, o, più semplicemente, non si
rivela conforme alle aspettative del committente? A questo proposito si è
pronunciato il Tribunale di Milano con la Sentenza n. 4532/2022 del 24 maggio
2022, affermando un principio di particolare rilievo: l’impresa che fornisce
servizi di marketing digitale e SEO può essere ritenuta responsabile del calo
di fatturato lamentato dal cliente quando l’inadempimento agli obblighi contrattuali
sia la causa del mancato risultato.
La vicenda esaminata trae
origine dai rapporti intercorsi tra una società operante nel settore della
vendita online di prodotti parafarmaceutici e SOP/OTC, titolare di una farmacia
con attività di vendita anche tramite piattaforma e-commerce, ed
un’impresa attiva nei servizi web e di marketing digitale, alla quale, nel
corso di più anni, erano stati affidati incarichi di crescente complessità:
dapprima la completa sostituzione del portale esistente, con attività di
sviluppo del piano strategico e di ottimizzazione SEO, per un corrispettivo di Euro
133.000,00 oltre IVA; successivamente, l’assistenza applicativa e sistemistica
e ulteriori attività evolutive, al costo di Euro 15.000,00 oltre IVA; infine,
la realizzazione di un piano di advertising digitale e del progetto per
la creazione di una piattaforma e-commerce con connessi servizi di assistenza e
marketing. Nonostante gli ingenti investimenti, la committente lamentava un
drastico calo delle prestazioni del sito e una riduzione degli accessi,
attribuendo tali criticità ad inadempimenti imputabili alla società fornitrice
dei servizi web. Agiva quindi per ottenere il risarcimento del danno da perdita
di fatturato e la riduzione del prezzo.
La società di web marketing
si difendeva contestando ogni addebito, sostenendo che il rapporto dovesse
essere qualificato come contratto d’opera intellettuale o professionale, con
obbligazioni di soli mezzi e non di risultato, e che essa non potesse essere
ritenuta responsabile del mancato incremento delle vendite. Il Tribunale ha
invece impostato la propria decisione sulla causa concreta del contratto, cioè
sulla finalità pratica perseguita dal cliente: non la sola creazione di un sito
web, bensì la realizzazione di uno strumento commerciale idoneo a generare
traffico e vendite mediante l’attività di posizionamento SEO. Tali obiettivi
non erano meri auspici, ma risultavano espressamente indicati nella sezione
“Richieste del Cliente” allegata all’offerta contrattuale e recepita nel
contratto, nella quale venivano elencati l’aumento del traffico organico, il
miglioramento del posizionamento SEO e la crescita delle vendite online. In
ragione di ciò, la realizzazione del sito e-commerce è stata qualificata
come appalto d’opera e le attività accessorie come appalto di servizi,
evidenziando il collegamento funzionale tra i vari incarichi. È stata quindi
respinta la tesi del fornitore che invocava il contratto d’opera intellettuale
per ridurre la propria responsabilità. È stata inoltre respinta la
difesa della società di web marketing, che aveva tentato di attribuire i
malfunzionamenti ad applicativi forniti da terzi: tale deduzione è stata
ritenuta generica e priva di qualsiasi supporto probatorio.
Ravvisati una pluralità di
inadempimenti e un’esecuzione non ottimale del contratto, il Tribunale ha
accertato che l’appaltatore fosse perfettamente a conoscenza delle esigenze del
cliente, puntualmente esplicitate nei contratti, e non avesse raggiunto gli
obiettivi assunti. All’esito dell’istruttoria, e sulla scorta delle risultanze
della Consulenza Tecnica d’Ufficio – la quale, pur non potendo più analizzare
direttamente il sito poiché non era più online, ha comunque effettuato una
valutazione tecnica indiretta tramite analytics, strumenti di
indicizzazione, rilevazione del traffico organico e posizionamento delle keyword,
confermando un crollo significativo degli accessi e delle conversioni proprio
dal momento del go-live del nuovo portale – il Tribunale ha condannato il
provider al risarcimento del danno per Euro 89.104,56, oltre interessi e
rivalutazione, e ha riconosciuto la riduzione del prezzo per ulteriori Euro
33.393,50, con condanna della società convenuta alle spese di lite.
La decisione offre una
riflessione di interesse generale per le imprese che affidano servizi digitali,
ponendo un principio chiaro: quando il contratto ha ad oggetto un risultato
specifico e verificabile, l’impresa fornitrice non può limitarsi a svolgere
attività generiche di consulenza o di assistenza tecnica, ma risponde
dell’effettiva idoneità del servizio a raggiungere gli obiettivi commerciali
indicati dal committente. Per le imprese che si avvalgono di servizi SEO e di marketing
digitale, ciò impone, in fase di negoziazione contrattuale, la definizione
puntuale degli obiettivi attesi, dei parametri di misurazione delle performance
e delle conseguenze in caso di mancato raggiungimento dei risultati (riduzione
del prezzo, penali, diritto alla risoluzione). Per le società fornitrici, al
contrario, diviene essenziale non garantire risultati che non siano
oggettivamente prevedibili o controllabili. Laddove, invece, l’obbligazione di
risultato sia richiesta espressamente dal committente o risulti desumibile
dalla causa concreta del contratto – ossia dalla finalità economica perseguita
– il fornitore non può sottrarsi alle proprie responsabilità invocando la
natura meramente intellettuale o di mezzi della prestazione. In tal caso,
l’inadempimento non si esaurisce nell’attività svolta, ma si misura in rapporto
al mancato raggiungimento del risultato promesso o ragionevolmente atteso, con
tutte le conseguenze risarcitorie che ne derivano. La sentenza del Tribunale di
Milano segna quindi un punto fermo: nel mondo del digital marketing non
è sufficiente “fare attività”; occorre produrre risultati concreti, coerenti
con le finalità economiche che giustificano l’investimento del committente.