A cura dell'avv. Giuseppe Perillo
La
libera circolazione delle persone, insieme a quella di merci, servizi e
capitali, costituisce una delle quattro libertà fondamentali riconosciute
dall’ordinamento giuridico ed istituzionale dell’Unione Europea a partire dall’istituzione
delle comunità Europee sancite dai Trattati di Roma del 1957. Negli ultimi
decenni, i cittadini europei hanno acquisito la possibilità di migrare tra gli
Stati membri dell’U.E. senza essere sottoposti a particolari controlli o
restrizioni. Non è azzardato affermare che la migrazione intraeuropea, ormai,
non di discosta molto dalla migrazione nazionale, in quanto i cittadini europei
non solo possono muoversi liberamente e soggiornare negli altri Stati dell’UE, ma
nel contempo anche esercitare gli stessi diritti che competono ai cittadini
dello Stato ospitante. L'insieme dei diritti, degli obblighi giuridici e degli
obiettivi politici che accomunano e vincolano gli stati membri dell'Unione europea
e che devono essere accolti senza riserve dai Paesi che vogliano entrare a
farne parte assumono la pregnante definizione di “acquis communautaire».
Costituiscono
parte essenziale di esso anche: 1) la
giurisprudenza della Corte di Giustizia Europea; 2) le dichiarazioni e le Risoluzioni
adottate nell’Unione; 3) gli atti riguardanti lo spazio di libertà di sicurezza
e di giustizia; 4) gli atti inerenti alla politica estera e di sicurezza
comune, 5) gli accordi internazionali fatti dalla Comunità e quelli conclusi
dagli Stati membri tra essi nei settori di competenza dell’Unione.
Nel
quadro della crescente mobilità, ogni anno sempre più cittadini dell’Unione si
trasferiscono in un altro Stato membro dell’UE per studiare, lavorare o fondare
una famiglia. In tale ambito viene assumendo crescente rilevanza il fenomeno
delle successioni transfrontaliere che
nel delineato contesto geografico e politico interessano annualmente milioni di
famiglie. Le successioni transfrontaliere sono quelle sottoposte alla
competenza giuridica ed amministrativa radicata in capo alle autorità di più Paesi
(ad esempio, quelle dello Stato di cui il defunto aveva la cittadinanza e
quelle dell’ultimo paese in cui egli ha vissuto). Ad esse, pertanto, possono
essere applicabili ad esse le legislazioni di diversi Stati. Si pensi al caso in
cui il defunto possedeva degli immobili, in diversi Stati, circostanza tale da
dover obbligare il chiamato all’eredità ad avviare un procedimento successorio
per ciascuno Stato a dover esige l’applicazione delle normative espresse da
diversi Paesi, con prevedibili costi ed ancor più prevedibili ragioni di
conflitto nelle decisioni emesse dalle varie autorità. A mo’ di ulteriore esemplificazione,
si pensi al caso di Lothar, cittadino tedesco, il quale vive con la moglie
tedesca in Francia ed è proprietario di un’autovettura in Francia e di un
appartamento in Germania, mentre I due figli della coppia vivono in Francia. Non
meno indicativo il caso di Alina, cittadina lettone, vive in Italia con il
marito italiano ma risulta essere titolare di un conto corrente in Italia e
proprietaria di una casa in Lettonia. Uno dei suoi figli vive in Lettonia e
l’altro in Canada. Questi esempi evidenziano la complessità delle successioni
transfrontaliere e la necessità di un quadro normativo uniforme per gestirle.
Per
semplificare l’organizzazione e la gestione delle successioni transfrontaliere
nel quadro del processo di cooperazione in materia civile, nel 2012 l’UE ha
perseguito una politica normativa ispirata al canone di armonizzazione dei
diversi ordinamenti mediante la previsione di una disciplina unica espressa dal
regolamento (UE) n. 650/2012 (Regolamento in materia di successioni). L’adozione
di siffatti regolamenti (avvenuta in forza dell’art. 81 TFUE) ha dato vita ad
un processo di "comunitarizzazione" del diritto internazionale
privato, che ha sancito l’armonizzazione delle norme interne degli stati in
materia, in regolamenti comunitari direttamente applicabile dinanzi alle
giurisdizioni interne. Obiettivo primario del Regolamento significativamente
rubricato “relativo alla competenza, alla
legge applicabile, al riconoscimento e all’esecuzione delle decisioni e
all’accettazione e all’esecuzione degli atti pubblici in materia di successioni
e alla creazione di un certificato successorio europeo” è la previsione di norme
atte a stabilire, nei diversi casi, lo Stato membro dell’UE le cui autorità
dovranno occuparsi della successione transfrontaliera e la legge nazionale che
dovrà essere applicata. In forza di siffatta previsione generale, astratta ed
uniforme lo stesso testatore è in condizioni pianificare la successione e gli
eredi non avranno più bisogno di doversi relazionare con norme e autorità
diverse.
Il Regolamento
comunitario, invece, ha sì efficacia erga omnes, ma questa si estende
solo ed esclusivamente agli Stati membri dell'Unione Europea. Resta inteso che l’ambito
di applicazione del Regolamento è circoscritto alle successioni con
implicazioni transfrontaliere di soggetti appartenenti a Stati membri dell’Unione
Europea. In caso contrario, cioè nel caso in cui almeno una delle parti
appartenga ad un Paese extracomunitario e non abbia alcun collegamento con il
territorio dell’Unione Europea, dovrà applicarsi la legge interna di diritto
internazionale privato dello stato di riferimento che nel nostro ordinamento è rappresentata
dalla legge n. 218 del 1995.
Quanto
alla struttura del citato Regolamento, il Capo I descrive l’ambito di
applicazione e le principali definizioni, fornendo un quadro generale per
l’interpretazione delle disposizioni normative. Il Capo II, rubricato
“Competenza”, stabilisce all’art. 4 una norma di carattere generale secondo
cui: “sono competenti a decidere sull’intera successione gli organi
giurisdizionali dello Stato membro in cui il defunto aveva la residenza
abituale al momento della morte.” Sono previsti ulteriori criteri di
competenza, tra cui: a) Fori scelti dal de cuius mediante
un accordo tra le parti interessate, che possono determinare una giurisdizione
esclusiva (art. 7); b) Forum necessitatis, che attribuisce una
competenza sussidiaria agli organi giurisdizionali di uno Stato membro in
presenza di particolari circostanze (art. 11); competenza sussidiaria
(art. 10), applicabile in casi specifici. Il Capo III, denominato “Legge
applicabile”, è costruito attorno all’art. 21, che prevede il seguente criterio
generale: “Salvo quanto diversamente disposto dal presente regolamento, la
legge applicabile all’intera successione è quella dello Stato in cui il defunto
aveva la propria residenza abituale al momento della morte.” Inoltre,
l’art. 22 consente al testatore di scegliere la legge dello Stato di
cittadinanza come legge applicabile alla propria successione, introducendo una
maggiore flessibilità nella pianificazione successoria.
Il
Regolamento dedica ai meccanismi di circolazione nello spazio giudiziario
europeo una disciplina completa e autonoma. Il Capo IV tratta del
riconoscimento, dell’esecutività e dell’esecuzione delle decisioni giudiziarie.
Il Capo V si occupa dell’accettazione e dell’esecutività degli atti
pubblici emessi in uno Stato membro.
Il Capo
VI, invece, costituisce la parte più innovativa del Regolamento UE n.
650/2012, introducendo il Certificato Successorio Europeo (CSE). Questo
strumento, disciplinato dagli articoli 62-73, permette agli eredi, legatari,
esecutori testamentari e amministratori dell’eredità di a) dimostrare la loro
qualità e i rispettivi diritti; b) esercitare tali diritti, poteri e facoltà in
uno Stato membro diverso da quello di rilascio senza necessità di un
procedimento di exequatur (art. 69, par. 1).
A
norma dell’art. 65, par. 1, il CSE può essere richiesto esclusivamente dagli
eredi, legatari, esecutori testamentari e amministratori dell’eredità. Il
rilascio è effettuato dall’autorità competente dello Stato membro in cui il
defunto aveva la residenza abituale (art. 4) o in base alle disposizioni degli
articoli 7, 10 e 11 del Regolamento.
In
Italia, l’art. 32 della legge 30 ottobre 2014, n. 161, ha attribuito la
competenza per il rilascio del CSE al notaio. Il notaio italiano è competente
nei seguenti casi: a) quando il defunto aveva la residenza abituale in Italia
(art. 4); b) quando il defunto ha scelto la legge italiana come applicabile
(art. 22); c) nelle ipotesi previste dagli artt. 10 e 11 del Regolamento.
La
Corte di Giustizia dell’Unione Europea, nella sentenza C-80/19 del 16 luglio
2020, ha chiarito che il criterio della residenza abituale non deve essere
interpretato esclusivamente come il luogo in cui il defunto soggiornava
abitualmente, ma deve includere anche elementi soggettivi e oggettivi, come i
legami familiari e la volontà di stabilirsi in modo stabile in un determinato
Stato membro.
Il
Regolamento agevola inoltre l’efficacia delle decisioni giurisdizionali e degli
atti notarili in materia successoria emessi in uno Stato membro, rendendoli
riconoscibili negli altri Stati membri dell’UE.
Per
quanto concerne il CSE, è richiesto l’uso esclusivo dei formulari previsti dal
Regolamento di esecuzione (UE) n. 1329/2014. Tuttavia, nel caso in cui il CSE
debba essere utilizzato per l’inserzione in pubblici registri, è consentita
l’allegazione di documenti descrittivi dei beni oggetto della successione,
migliorando così la chiarezza e l’efficacia dell’atto.
Il Regolamento UE n. 650/2012 rappresenta un importante progresso verso l’armonizzazione del diritto internazionale privato in materia di successioni. Grazie all’introduzione di criteri uniformi, come quello della residenza abituale, e di strumenti innovativi come il Certificato Successorio Europeo, il legislatore europeo ha offerto soluzioni concrete alle sfide poste dalle successioni transfrontaliere. Tuttavia, la corretta applicazione delle norme richiede una conoscenza approfondita sia da parte dei cittadini sia da parte dei professionisti del settore, per garantire una gestione efficiente delle eredità in un contesto giuridico sempre più globalizzato. Alla luce delle sfide operative emerse, sarebbe auspicabile l’introduzione di ulteriori linee guida europee per garantire una maggiore uniformità nella trascrizione degli atti successori e nell’utilizzo del CSE. Inoltre, l’integrazione delle nuove tecnologie, come la blockchain, potrebbe rappresentare una soluzione per assicurare trasparenza e sicurezza nella registrazione delle successioni transfrontaliere.