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Il rinvio pregiudiziale interpretativo ex art. 363-bis c.p.c. in materia tributaria: dai Trattati UE all'ordinamento interno.

03/10/2024

A cura dell'avv. Giuseppe Perillo

Tra le principali novità introdotte dalla riforma del processo civile, comunemente nota come "Riforma Cartabia" (D.Lgs. n. 149/2022), si annovera l’istituto del rinvio pregiudiziale interpretativo, disciplinato dall’art. 363-bis c.p.c.

Questo nuovo strumento consente al giudice di merito, ricorrendo specifiche condizioni, di rimettere alla Suprema Corte di Cassazione una questione di diritto non ancora risolta, allo scopo di ottenere un principio di diritto vincolante.

L’istituto costituisce una manifestazione della funzione nomofilattica della Suprema Corte, che si esplica attraverso l’esercizio del cosiddetto ius constitutionis. Si tratta, in sostanza, di un meccanismo di giurisdizione consultiva vincolante, tramite il quale il giudice di merito può richiedere alla Cassazione una pronuncia su una nuova questione di diritto – sostanziale o processuale – quando concorrono le seguenti condizioni:

- la questione deve essere necessaria alla definizione anche parziale del giudizio e non è stata ancora risolta dalla Corte di cassazione (cd. requisito della novità);

- la questione deve presentare gravi difficoltà interpretative;

- la questione deve essere suscettibile di porsi in numerosi giudizi.

La finalità dell’istituto è chiara: ottenere, in tempi rapidi, un principio di diritto su una nuova questione giuridica senza dover attendere il lungo iter di impugnazione ordinaria fino alla Cassazione.

L’istituto del rinvio pregiudiziale ex art. 363-bis c.p.c. trova una sua chiara ispirazione in analoghi strumenti previsti da altri ordinamenti sovranazionali, primo fra tutti quello dell’Unione Europea. In particolare, l’art. 267 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (TFUE) conferisce alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea (CGUE) la competenza a pronunciarsi, su richiesta di un organo giurisdizionale di uno Stato membro, sull’interpretazione dei trattati e sulla validità e l’interpretazione degli atti compiuti dalle istituzioni dell’Unione.

Questo strumento ha consentito lo sviluppo di fondamentali principi del diritto comunitario, quali l’efficacia diretta delle norme del trattato (Van Gend en Loos, 5 febbraio 1963, causa C-26/62) e delle direttive (CGUE, 14 dicembre 1974, causa C-41/74), o la responsabilità degli Stati membri per la violazione del diritto comunitario (CGUE, 19 novembre 1991, causa C-6/90, Francovich).

Di recente, peraltro, con le modifiche introdotte dal Regolamento 2024/2019, è stato attuato un trasferimento parziale di competenze dalla Corte di Giustizia al Tribunale dell'Unione Europea, in vigore dal 1º ottobre 2024. Questo trasferimento riguarda esclusivamente alcune materie specifiche, come il sistema IVA, i diritti di accisa e la classificazione tariffaria delle merci, tra le altre. La Corte continuerà a gestire le domande che sollevano questioni più complesse, legate al diritto primario e internazionale, nonché ai principi generali dell'Unione​

Anche in Francia esiste un istituto simile: la saisine pour avis, prevista dagli artt. L. 441-1 e ss. del Codice di procedura civile francese. Tuttavia, a differenza di quanto avviene nel nostro ordinamento, il parere reso dalla Corte di Cassazione francese non ha carattere vincolante né per il giudice del caso concreto né per la stessa Corte in futuro.

Nel nostro ordinamento, il rinvio pregiudiziale viene attivato dal giudice di merito tramite un’ordinanza motivata, che comporta la sospensione del procedimento principale. La valutazione sull’ammissibilità della richiesta è riservata al Primo Presidente della Corte di Cassazione, che, tramite la Segreteria Generale, esamina la sussistenza dei presupposti richiesti.

Qualora la richiesta sia ritenuta ammissibile, il Primo Presidente assegna la trattazione del caso alle Sezioni Unite o a una singola sezione della Cassazione. Diversamente, la Cassazione può rinviare la questione al giudice a quo per una più dettagliata motivazione.

Il primo caso di applicazione dell’art. 363-bis c.p.c. in materia tributaria è stato promosso dalla Corte di Giustizia Tributaria di primo grado di Agrigento con ordinanza n. 428 del 31 marzo 2023, successivamente confermata dal provvedimento del Primo Presidente della Cassazione del 18 aprile 2023. Tale ordinanza ha chiarito l’applicabilità del rinvio pregiudiziale anche in ambito tributario, fugando ogni dubbio sulla compatibilità dell’istituto con il processo tributario.

La Prima Presidente della Cassazione ha ritenuto la questione ammissibile, in quanto controversa e potenzialmente rilevante per numerosi altri giudizi tributari, e ha rimesso la decisione alle Sezioni Unite. La compatibilità dell’art. 363-bis con il processo tributario trova fondamento nella clausola generale di applicabilità delle norme del codice di procedura civile, in quanto compatibili, prevista dall’art. 1, comma 2, del D.Lgs. n. 546/1992.

La Corte di Cassazione avrà dunque il compito di fornire chiarimenti definitivi sull’applicabilità di questo strumento anche nel contenzioso tributario, con potenziali effetti positivi in termini di uniformità interpretativa e riduzione del contenzioso pendente.

L’istituto del rinvio pregiudiziale interpretativo ex art. 363-bis c.p.c. rappresenta una novità rilevante nel panorama giuridico italiano, ispirato a modelli sovranazionali. Esso offre una risposta rapida e qualificata a questioni giuridiche inedite, garantendo maggiore uniformità interpretativa e favorendo la riduzione dei tempi di definizione delle controversie.

In particolare, il primo caso di applicazione in materia tributaria apre nuove prospettive sull’estensione di questo strumento anche a settori di contenzioso particolarmente complessi, come quello fiscale, con possibili benefici per l’efficienza della giustizia e la certezza del diritto.

Di estremo interesse, inoltre, è una recente ordinanza della Corte di Giustizia Tributaria di primo grado di Napoli (n. 3737/2024, emessa nel giudizio iscritto al n. 6529/2024 R.G., depositata il 23 maggio 2024), che ha disposto il rinvio pregiudiziale alla Corte di Cassazione per risolvere una controversia riguardante la legittimità della costituzione di una "società di progetto" per l’accertamento e la riscossione fiscale. La questione giuridica posta all’attenzione della Cassazione verte su un’interpretazione costituzionalmente orientata dell’art. 184 del D.Lgs. n. 50/2016 (codice degli appalti) e sulla validità della costituzione di una società di progetto non iscritta nell'albo previsto dall'art. 53 del D.Lgs. n. 446/1997.

In particolare, la questione sollevata riguarda l’ammissibilità di una società di progetto, costituita per l’accertamento e la riscossione fiscale, che non risulta iscritta nell’albo di cui all’art. 53 del D.Lgs. n. 446/1997, né nella relativa sezione separata, prevista dall'art. 1, comma 805, della legge n. 160/2019, sulla base del presupposto che i requisiti di iscrizione siano mutuati dalla società aggiudicataria, socia unica della società di progetto. La risposta della Suprema Corte a tale quesito contribuirà a chiarire rilevanti questioni in materia tributaria, con potenziali riflessi su numerosi giudizi analoghi.