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Il divieto di rinnovo tacito dei contratti pubblici. Opzione di proroga e cd. proroga tecnica alla luce del diritto nazionale ed UE

18/09/2024

A cura dell'Avv. Paolo La Manna

Il nuovo Codice dei contratti pubblici (D. Lgs. 36/2023) ha riorganizzato la disciplina della proroga contrattuale (opzione di proroga) e della cd. proroga tecnica, normando i due istituti separatamente nel comma 10 e nel comma 11 dell’art. 120.

In base al nuovo Codice:

(i) il comma 10 dell’art. 120 stabilisce che la proroga contrattuale è una circostanza negoziale già preventivata tra le parti contraenti nella lex specialis o nel contratto (ed infatti è significativamente definita dal Codice come “opzione di proroga”). In tale caso le prestazioni rese in regime di proroga sono svolte alle stesse condizioni o, se espressamente previsto, anche a condizioni più favorevoli per l’Amministrazione. La proroga contrattuale può essere disposta per una durata che ha come limite il termine espressamente stabilito nella lex specialis o nel contratto;

(ii) il comma 11 dell’art. 120 stabilisce che la cd. proroga tecnica può invece essere disposta solo nelle ipotesi eccezionali in cui, nelle more della conclusione di una nuova procedura di gara già indetta, vi sia la necessità per l’Amministrazione di garantire la continuità di una prestazione essenziale.  

In particolare, la proroga tecnica è ammissibile solo alle seguenti determinate condizioni normativamente previste:

“in casi eccezionali nei quali risultino oggettivi e insuperabili ritardi nella conclusione della procedura di affidamento del contratto”;

- “per il tempo strettamente necessario alla conclusione della procedura”;

- “qualora l'interruzione delle prestazioni possa determinare situazioni di pericolo per persone, animali, cose, oppure per l'igiene pubblica, oppure nei casi in cui l'interruzione della prestazione dedotta nella gara determinerebbe un grave danno all'interesse pubblico che è destinata a soddisfare”.

La proroga tecnica, secondo quanto stabilito dalla giurisprudenza (Consiglio di Stato, sez. V, 29 maggio 2019, n. 3588), deve essere considerata come una misura eccezionale, adottabile esclusivamente per garantire la continuità del servizio nelle more di una nuova procedura di gara, e non può essere utilizzata per mascherare un rinnovo tacito. L’esigenza è, quindi, quella di limitare le proroghe al tempo strettamente necessario per superare gli ostacoli che impediscono il tempestivo espletamento della gara​.

Ne discende che una proroga tecnica astrattamente illegittima - in quanto derivante, ad esempio, da una colpevole inerzia del dipendente pubblico - troverebbe legittimità laddove non disporla comporterebbe per l’interesse pubblico un maggior danno rispetto a quello che si verificherebbe disponendola. Resta, tuttavia, aperto, in questo caso, il tema di una eventuale responsabilità erariale per il dipendente pubblico che abbia ingenerato la necessità di una tale proroga.

Da tempo la giurisprudenza ha chiarito ulteriormente la distinzione tra rinnovo e proroga. Il primo consiste in una “rinegoziazione del complesso delle condizioni del contratto originario, per cui deve risultare che le parti, attraverso specifiche manifestazioni di volontà, abbiano dato corso a distinti, nuovi ed autonomi rapporti giuridici”; la proroga, invece, consiste nel mero “differimento del termine finale del rapporto, che per il resto continua ad essere regolato dall'atto originario” (TAR Campania, Napoli, V, 1.3.2023, n. 1318).

Il rinnovo contrattuale si contraddistingue, sul piano sostanziale, per la rinegoziazione del complesso delle condizioni del contratto originario, per cui deve risultare che le parti, attraverso specifiche manifestazioni di volontà, abbiano dato corso a distinti, nuovi ed autonomi rapporti giuridici, ancorché di contenuto analogo a quello originario; in assenza di tale negoziazione novativa, è qualificabile come proroga contrattuale l’accordo con cui le parti si limitano a pattuire il differimento del termine finale del rapporto, che per il resto continua ad essere regolato dall’atto originario; ed anche la circostanza che in tale accordo sia riportato il prezzo del contratto originario, che quindi rimane immutato, non costituisce affatto espressione di rinnovata volontà negoziale, ma circostanza idonea ad avvalorare ulteriormente l’intervenuta mera proroga del previgente contratto” (cfr. Cons. Stato, sez. III, 24 marzo 2022, n. 2157; Cons. Stato, sez. V, 16.02.2023 n. 1635).

Il divieto di rinnovo tacito dei contratti pubblici, ancorché piuttosto dibattuto in dottrina e giurisprudenza, con tesi talvolta contrastanti, rappresenta un principio cardine nell’ordinamento amministrativo italiano, riflettendo l'esigenza di garantire trasparenza e concorrenza nella gestione dei rapporti contrattuali della Pubblica Amministrazione (P.A.). Tale divieto trova fondamento sia nella normativa interna che nei principi del diritto dell’Unione Europea, entrambi orientati a prevenire prassi che sottraggano i contratti pubblici alle regole competitive del mercato.

Sia l’ANAC che la giurisprudenza amministrativa si sono confrontati sulla effettiva portata ed operatività del rinnovo dei contratti della P.A. all’interno dell’ordinamento italiano, affiancando a tale istituto quello della citata “proroga tecnica”, la quale rappresenta una deroga residuale e straordinaria al divieto di rinnovo.

Il principale riferimento normativo è l’art. 6 della legge 24 dicembre 1993, n. 537, come sostituito dall’art. 44 della legge n. 724 del 23 dicembre 1994, modificato poi al comma 2 dall’art. 23 della legge n. 62 del 18 aprile 2005, poi abrogato dall’art. 256 del decreto legislativo n. 163 del 12 aprile 2006. La norma vieta espressamente il rinnovo tacito dei contratti per la fornitura di beni e servizi alla P.A., stabilendo che i contratti stipulati in violazione di tale divieto sono da considerarsi nulli.

Il legislatore ha introdotto questo principio per tutelare l’interesse pubblico, prevenendo la perpetuazione di rapporti contrattuali che, con il tempo, potrebbero deteriorarsi in termini di qualità delle prestazioni, a causa degli aumenti dei costi di produzione non adeguatamente compensati.

La giurisprudenza ha chiarito che il divieto di rinnovo tacito dei contratti risponde a una duplice finalità:

Tutela della qualità delle prestazioni: come riconosciuto dalla giurisprudenza (Cons. Stato, Sez. V, 2 novembre 2009, n. 6709; Cons. Stato, Sez. III, 1 febbraio 2012, n. 504), tale divieto mira a prevenire un eventuale deterioramento della qualità delle prestazioni fornite dagli appaltatori. Questo rischio sorge nel tempo, quando l'aumento dei costi di produzione potrebbe non essere compensato dal corrispettivo contrattuale, portando a una diminuzione della qualità del servizio offerto. La norma ha natura imperativa e si applica in combinato disposto con gli articoli 1339 e 1419 del Codice civile, in merito alla nullità parziale dei contratti e all’inserzione automatica delle clausole.

- Tutela della concorrenza: la proroga automatica dei contratti sottrae il bene o servizio oggetto di appalto alle logiche del mercato, eludendo il principio della concorrenza. La giurisprudenza ha sempre evidenziato che il principio di evidenza pubblica è un canone fondamentale nell’attività contrattuale della P.A., e il rinnovo tacito comprometterebbe questo fondamento (Cons. Stato, Sez. V, 22 dicembre 2014, n. 6275).

Dunque, la giurisprudenza ha più volte evidenziato come il divieto di rinnovo tacito risponda alla necessità di mantenere un costante controllo sulla qualità delle prestazioni erogate, evitando che le variazioni nei costi dei fattori di produzione compromettano la capacità dei fornitori di adempiere correttamente ai propri obblighi. Il principio di trasparenza, inoltre, è strettamente legato a quello di concorrenza: solo attraverso una periodica riapertura al mercato è possibile garantire che le condizioni contrattuali rimangano adeguate e competitive. In quest’ottica, il rinnovo tacito rappresenta un ostacolo al fisiologico ricambio degli operatori economici e all’emergere di nuove soluzioni o proposte migliorative.

A livello europeo, questo divieto riflette i fondamentali principi della normativa sugli appalti pubblici sanciti dalle direttive UE (in particolare, le Direttive 2014/24/UE e 2014/25/UE), che richiedono che la stipulazione e il rinnovo dei contratti avvengano attraverso procedure di public procurement aperte e trasparenti. Le regole europee mirano a evitare che il rinnovo automatico dei contratti possa costituire un aggiramento del mercato unico, compromettendo la libera circolazione dei servizi e ostacolando l'accesso agli appalti pubblici da parte di nuovi concorrenti.

Nel contesto italiano, il divieto viene rafforzato dall’applicazione dei principi dell’interesse pubblico, che richiedono che le amministrazioni pubbliche garantiscano l’efficienza e l'efficacia della spesa, monitorando costantemente la qualità e la convenienza economica delle prestazioni acquisite. Questo si traduce nella necessità di bandire nuove gare a scadenza dei contratti, aprendo il mercato a offerte più competitive e aggiornate.​

Negli ultimi anni, le pronunce giurisprudenziali hanno ulteriormente consolidato l’importanza del divieto di rinnovo tacito, ampliandone la portata applicativa. La sentenza del Consiglio di Stato n. 1626/2023 rappresenta un momento significativo di questa evoluzione. Nella vicenda esaminata, l’Autorità Portuale di Venezia aveva prorogato in via provvisoria la gestione di alcune strutture di approdo alla società Nethun S.p.A., in attesa di una nuova gara. Il Collegio ha ritenuto tale proroga illegittima, ribadendo che la proroga tecnica è l’unica forma di proroga consentita in materia di contratti pubblici e può essere utilizzata solo in presenza di “oggettivi e insuperabili ritardi nella conclusione della nuova gara non imputabili alla stazione appaltante”​

Il divieto di rinnovo tacito dei contratti pubblici assume, quindi, un ruolo cruciale nel garantire il corretto funzionamento delle dinamiche di mercato e il rispetto dei principi di legalità, trasparenza e parità di trattamento. L'evoluzione normativa e giurisprudenziale ha consolidato tale divieto come un pilastro dell’attività contrattuale della P.A., consentendo eccezioni solo in casi estremamente circoscritti e regolati. La proroga tecnica, ammessa solo in presenza di ritardi oggettivi e non imputabili all’amministrazione, è una misura residuale che non può essere strumentalizzata per aggirare le regole della concorrenza e del mercato. L’interesse pubblico, tutelato sia a livello nazionale che europeo, impone il ricorso a procedure ad evidenza pubblica per garantire una gestione efficiente e trasparente dei contratti pubblici​.