A cura dell'avv. Paolo La Manna
La
Corte di Cassazione ha recentemente emesso l’Ordinanza n. 12282 del 7 maggio
2024, significativa per suoi peculiari di diritto di famiglia e per il suo
impatto sulla tutela della bigenitorialità nei casi di separazione, involgendo anche
una diversa forma di equilibrio nell’esercizio diritti costituzionalmente garantiti.
La
pronuncia, pur presentando talune criticità e taluni aspetti invece
maggiormente condivisibili, risulta essere di particolare rilievo nel contesto
legale interno, in quanto ribadisce l’importanza di preservare il diritto di
visita del genitore non collocatario e la continuità delle relazioni
genitoriali nonostante le distanze geografiche.
Il caso
Una
madre separata e collocataria di tre figli si era rivolta al Tribunale di Napoli
chiedendo di essere autorizzata a trasferirsi a Pordenone insieme ai figli,
motivando la sua richiesta con esigenze legate alla sua professione di medico.
Il Tribunale aveva concesso il nullaosta per il trasferimento, nonostante la
significativa distanza di circa 850 km tra le due città.
Il
padre, temendo di vedere naturalmente compromessa la propria frequentazione con
i figli e, quindi, l’esercizio del diritto di visita, aveva impugnato la
decisione innanzi alla Corte d'Appello. Il Giudice di secondo grado, tuttavia, confermava
la decisione del Tribunale, supportandola con una serie di motivazioni ritenute
robuste e difficilmente contestabili.
La
Corte d’Appello, in particolare, aveva preso in considerazione le dichiarazioni
dei due figli più grandi, i quali avevano espresso gradimento per il
trasferimento a Pordenone, citando la loro familiarità con la città e le scuole
dove sarebbero stati inseriti. I figli avevano anche affermato di essere certi,
grazie alle rassicurazioni della madre, che non vi sarebbe stata alcuna
sostituzione della figura paterna con il nuovo compagno della madre, e che
avrebbero potuto fare liberamente ritorno a visitare il padre a Napoli ogniqualvolta
lo avessero desiderato. Queste dichiarazioni erano state corroborate anche
dalla sorellina più piccola, la quale condivideva le stesse opinioni dei
fratelli maggiori.
Le
circostanze favorevoli esposte dai figli, accolte dalla Corte d’Appello,
rappresentavano, secondo le motivazioni esposte, un’eccezione rispetto alla
giurisprudenza di legittimità precedente, di segno contrario ed apparentemente già
consolidatasi. Questo, secondo la Corte d’Appello, legittimava pienamente il
nullaosta concesso dal Tribunale per il trasferimento dei figli a Pordenone,
nonostante la distanza significativa dal padre. La Corte d’Appello aveva quindi
ritenuto che il trasferimento non compromettesse in maniera significativa il
diritto di visita del padre e l’esercizio della bigenitorialità, considerando
la volontà e il benessere dei minori come fattori determinanti nella decisione.
In
particolare, i Giudici di secondo grado evidenziavano l’importanza di valutare
attentamente le circostanze specifiche di ogni situazione familiare nell’assumere
provvedimenti relativi alla residenza dei minori successiva alla separazione
dei genitori. Sottolineavano, al contempo, la necessità di bilanciare i diritti
dei genitori con il benessere dei figli, assicurando che le decisioni fossero
prese nell’interesse superiore dei minori, rispettando le loro esigenze emotive
e relazionali.
L’Ordinanza n. 12282/2024 della Corte di Cassazione
Il
padre, dunque, dopo aver appreso del rigetto dell’istanza cautelare e del
reclamo da parte della Corte d’Appello, con cui chiedeva sospendersi l’efficacia
esecutiva dell’Ordinanza impugnata, ricorreva ai Giudici della Cassazione, i
quali, accogliendo il ricorso, cassavano con rinvio la sentenza impugnata.
La
Cassazione, non senza destare qualche stupore, accoglieva il ricorso, statuendo
il seguente principio di diritto: “il trasferimento dei tre figli in
località distante parecchi chilometri da quella di residenza del padre non può
non essere di ostacolo alla frequentazione del genitore coi figli nonostante al
primo sia stata riconosciuta la “facoltà di vederli e tenerli quando desidera”.
Ciò in violazione dell’art. 337-ter c.c. il quale, al primo comma, stabilisce
che il figlio minore ha il diritto di mantenere un rapporto equilibrato e
continuativo con ciascuno dei genitori, di ricevere cura, educazione,
istruzione e assistenza morale da entrambi e di conservare rapporti
significativi con gli ascendenti e con i parenti di ciascun ramo genitoriale,
mentre al secondo comma chiede al giudice di adottare i provvedimenti relativi
alla prole con esclusivo riferimento all’interesse morale e materiale di essa”.
Secondo
i Giudici di legittimità, le decisioni di merito non avrebbero valutato quella
considerevole distanza tra le due città che non consente frequentazioni
giornaliere, se non della durata di poche ore, ma al contrario solo visite di
più giorni, data la notevole durata del viaggio, anche alla luce della
frequenza scolastica, dei corsi sportivi e delle attività sociali dei ragazzi. Pertanto,
il trasferimento avrebbe potuto “configurare una violazione del diritto alla
bigenitorialità”.
Osservazioni conclusive
Orbene,
risulta pacifico che il diritto del minore al mantenimento di rapporti
equilibrati e continuativi con entrambi i genitori (art. 337 quater c.c.), che
in via sistematica si colloca all'interno di quello al rispetto della vita
familiare di rilievo convenzionale (art. 8 Cedu). Deve evidenziarsi, inoltre,
che nel provvedimento si coglie un apprezzabile spirito teso a garantire una
frequentazione paritetica di entrambi i genitori con i figli.
Tuttavia,
nel panorama della giurisprudenza di legittimità esistente, sorvolando in questa
sede sugli aspetti meramente processuali anche in tema di competenza
territoriale derivanti dalla residenza abituale del minore - per quanto pur
rilevanti in ordine all’esercizio del diritto di difesa – residua, al di là
dello specifico caso concreto, un problematico inquadramento del principio
espresso con il proclamato “best interest of child”, ossia con la
prevalenza del miglior interesse del fanciullo, che si ritiene possa e debba essere
oggetto di una comparazione con l’interesse del genitore che abbia richiesto il
trasferimento e del genitore non collocatario su cui ricadrebbero, eventualmente
gli effetti del trasferimento, per le diverse e peggiorative modalità di frequentazione
dei figli che gliene derivino (cfr. Cass. n. 4796/2022).
Ciò
potrebbe condurre alla sostanziale subordinazione dell’interesse dei figli a
quello del genitore collocatario, anche alla luce di una sostanziale difficoltà
a ridiscutere della collocazione dei figli in forza del principio di conservazione
dell’habitat domestico, così come ad una subordinazione dell’interesse
dei figli a quello del genitore non collocatario, peraltro spesso indotto a
dover individuare le più disparate e fantasiose soluzioni pur di conservare un
significativo rapporto con i figli.
Dovrebbe,
dunque, aversi chiaro e presente che la famiglia, anche nel dipanarsi delle
crisi più aspre, non può essere costituita solo dalla somma delle persone che
la costruiscono e dei relativi interessi individuali di cui essi sono portatori,
ma costituisce una formazione sociale in cui è l’interazione positiva tra coloro
i quali la compongono o, comunque, l’hanno creata, a dover garantire la miglior
realizzazione delle reciproche personalità.