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Il trasferimento fuori Regione del genitore collocatario: tutela del diritto del minore alla bigenitorialità alla luce di Cass. Ord. n. 12282/2024

25/06/2024


A cura dell'avv. Paolo La Manna

La Corte di Cassazione ha recentemente emesso l’Ordinanza n. 12282 del 7 maggio 2024, significativa per suoi peculiari di diritto di famiglia e per il suo impatto sulla tutela della bigenitorialità nei casi di separazione, involgendo anche una diversa forma di equilibrio nell’esercizio diritti costituzionalmente garantiti.

La pronuncia, pur presentando talune criticità e taluni aspetti invece maggiormente condivisibili, risulta essere di particolare rilievo nel contesto legale interno, in quanto ribadisce l’importanza di preservare il diritto di visita del genitore non collocatario e la continuità delle relazioni genitoriali nonostante le distanze geografiche.

Il caso

Una madre separata e collocataria di tre figli si era rivolta al Tribunale di Napoli chiedendo di essere autorizzata a trasferirsi a Pordenone insieme ai figli, motivando la sua richiesta con esigenze legate alla sua professione di medico. Il Tribunale aveva concesso il nullaosta per il trasferimento, nonostante la significativa distanza di circa 850 km tra le due città.

Il padre, temendo di vedere naturalmente compromessa la propria frequentazione con i figli e, quindi, l’esercizio del diritto di visita, aveva impugnato la decisione innanzi alla Corte d'Appello. Il Giudice di secondo grado, tuttavia, confermava la decisione del Tribunale, supportandola con una serie di motivazioni ritenute robuste e difficilmente contestabili.

La Corte d’Appello, in particolare, aveva preso in considerazione le dichiarazioni dei due figli più grandi, i quali avevano espresso gradimento per il trasferimento a Pordenone, citando la loro familiarità con la città e le scuole dove sarebbero stati inseriti. I figli avevano anche affermato di essere certi, grazie alle rassicurazioni della madre, che non vi sarebbe stata alcuna sostituzione della figura paterna con il nuovo compagno della madre, e che avrebbero potuto fare liberamente ritorno a visitare il padre a Napoli ogniqualvolta lo avessero desiderato. Queste dichiarazioni erano state corroborate anche dalla sorellina più piccola, la quale condivideva le stesse opinioni dei fratelli maggiori.

Le circostanze favorevoli esposte dai figli, accolte dalla Corte d’Appello, rappresentavano, secondo le motivazioni esposte, un’eccezione rispetto alla giurisprudenza di legittimità precedente, di segno contrario ed apparentemente già consolidatasi. Questo, secondo la Corte d’Appello, legittimava pienamente il nullaosta concesso dal Tribunale per il trasferimento dei figli a Pordenone, nonostante la distanza significativa dal padre. La Corte d’Appello aveva quindi ritenuto che il trasferimento non compromettesse in maniera significativa il diritto di visita del padre e l’esercizio della bigenitorialità, considerando la volontà e il benessere dei minori come fattori determinanti nella decisione.

In particolare, i Giudici di secondo grado evidenziavano l’importanza di valutare attentamente le circostanze specifiche di ogni situazione familiare nell’assumere provvedimenti relativi alla residenza dei minori successiva alla separazione dei genitori. Sottolineavano, al contempo, la necessità di bilanciare i diritti dei genitori con il benessere dei figli, assicurando che le decisioni fossero prese nell’interesse superiore dei minori, rispettando le loro esigenze emotive e relazionali.

L’Ordinanza n. 12282/2024 della Corte di Cassazione

Il padre, dunque, dopo aver appreso del rigetto dell’istanza cautelare e del reclamo da parte della Corte d’Appello, con cui chiedeva sospendersi l’efficacia esecutiva dell’Ordinanza impugnata, ricorreva ai Giudici della Cassazione, i quali, accogliendo il ricorso, cassavano con rinvio la sentenza impugnata.

La Cassazione, non senza destare qualche stupore, accoglieva il ricorso, statuendo il seguente principio di diritto: “il trasferimento dei tre figli in località distante parecchi chilometri da quella di residenza del padre non può non essere di ostacolo alla frequentazione del genitore coi figli nonostante al primo sia stata riconosciuta la “facoltà di vederli e tenerli quando desidera”. Ciò in violazione dell’art. 337-ter c.c. il quale, al primo comma, stabilisce che il figlio minore ha il diritto di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascuno dei genitori, di ricevere cura, educazione, istruzione e assistenza morale da entrambi e di conservare rapporti significativi con gli ascendenti e con i parenti di ciascun ramo genitoriale, mentre al secondo comma chiede al giudice di adottare i provvedimenti relativi alla prole con esclusivo riferimento all’interesse morale e materiale di essa”.

Secondo i Giudici di legittimità, le decisioni di merito non avrebbero valutato quella considerevole distanza tra le due città che non consente frequentazioni giornaliere, se non della durata di poche ore, ma al contrario solo visite di più giorni, data la notevole durata del viaggio, anche alla luce della frequenza scolastica, dei corsi sportivi e delle attività sociali dei ragazzi. Pertanto, il trasferimento avrebbe potuto “configurare una violazione del diritto alla bigenitorialità”.

Osservazioni conclusive

Orbene, risulta pacifico che il diritto del minore al mantenimento di rapporti equilibrati e continuativi con entrambi i genitori (art. 337 quater c.c.), che in via sistematica si colloca all'interno di quello al rispetto della vita familiare di rilievo convenzionale (art. 8 Cedu). Deve evidenziarsi, inoltre, che nel provvedimento si coglie un apprezzabile spirito teso a garantire una frequentazione paritetica di entrambi i genitori con i figli.

Tuttavia, nel panorama della giurisprudenza di legittimità esistente, sorvolando in questa sede sugli aspetti meramente processuali anche in tema di competenza territoriale derivanti dalla residenza abituale del minore - per quanto pur rilevanti in ordine all’esercizio del diritto di difesa – residua, al di là dello specifico caso concreto, un problematico inquadramento del principio espresso con il proclamato “best interest of child, ossia con la prevalenza del miglior interesse del fanciullo, che si ritiene possa e debba essere oggetto di una comparazione con l’interesse del genitore che abbia richiesto il trasferimento e del genitore non collocatario su cui ricadrebbero, eventualmente gli effetti del trasferimento, per le diverse e peggiorative modalità di frequentazione dei figli che gliene derivino (cfr. Cass. n. 4796/2022).

Ciò potrebbe condurre alla sostanziale subordinazione dell’interesse dei figli a quello del genitore collocatario, anche alla luce di una sostanziale difficoltà a ridiscutere della collocazione dei figli in forza del principio di conservazione dell’habitat domestico, così come ad una subordinazione dell’interesse dei figli a quello del genitore non collocatario, peraltro spesso indotto a dover individuare le più disparate e fantasiose soluzioni pur di conservare un significativo rapporto con i figli.

Dovrebbe, dunque, aversi chiaro e presente che la famiglia, anche nel dipanarsi delle crisi più aspre, non può essere costituita solo dalla somma delle persone che la costruiscono e dei relativi interessi individuali di cui essi sono portatori, ma costituisce una formazione sociale in cui è l’interazione positiva tra coloro i quali la compongono o, comunque, l’hanno creata, a dover garantire la miglior realizzazione delle reciproche personalità.