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NDA e clausole di riservatezza tra imprese: cooperation vs. coopetition. Funzioni, intensità degli obblighi ed effettività della tutela

19/03/2024


A cura dell'avv. Paolo La Manna

 

1. Premessa


Nel contesto del commercio internazionale, in cui gli operatori economici stabiliscono rapporti complessi, lo scambio di informazioni di natura confidenziale è una pratica molto diffusa. Questo è particolarmente evidente durante le fasi di valutazione e studio di potenziali collaborazioni commerciali, come contratti di trasferimento di tecnologia o di know-howjoint venture, fusioni o acquisizioni societarie.

 

In queste situazioni, le parti coinvolte necessitano di condividere informazioni riservate riguardanti aspetti progettuali, produttivi, commerciali, finanziari e strategici.

 

Sebbene ogni sistema giuridico fornisca una protezione normativa di base per la riservatezza di tali informazioni, è prassi comune integrare tali protezioni con strumenti negoziali, come accordi di riservatezza noti anche come "Non Disclosure Agreements" (NDA) o "Confidentiality Agreements".


2. Cooperation or co-opetition?

 

È utile, a questo punto, una breve digressione sull’ancora più spiccato valore che tali accordi assumono in caso di imprese che sposino meccanismi di co-opetition e non di semplice cooperazione. La cd. co-opetition altro non è che una strategia di tipo competitivo-cooperativo tra due o più imprese concorrenti, che collaborano per realizzare congiuntamente una o più fasi di produzioni di un determinato bene e/o servizio.

 

Tuttavia, si tratta di una forma di cooperazione tra aziende concorrenti, particolarmente fruttuosa per aziende innovative, che si differenzia per alcuni aspetti sostanziali dai tradizionali accordi di cooperazione che, spesso, anche in caso di aziende con business di profilo elevato, falliscono miseramente: ciò accade perché le parti interessate partono dalla condizione di fondo che il successo di una debba andare a discapito dell’altra, una situazione nella quale la contrapposizione tra le parti è totale e la vincita dell’una corrisponde alla perdita dell’altra.

 

Al contrario, la co-opetition rappresenta un tipo di collaborazione in cui due aziende concorrenti uniscono le proprie forze sulla base di una parziale congruenza di interessi: “quando due business agiscono basandosi su questo tipo di presupposti hanno la possibilità di diventare più competitivi cooperando” (Adam M. Brandbenburger e Barry J. Nalebuff, Yale and Harvard University).

 

La co-opetition si basa sul tener conto sia dell’interesse della propria impresa sia di quello dell’altra impresa coinvolta: c’è quindi trasparenza sulle motivazioni, gli obiettivi e le future mosse di entrambe le aziende. Mentre nella collaborazione tradizionale la domanda che ci si pone è come sommare il proprio risultato di impresa e quello altrui, nella co-opetition ci si prefigge di raggiungere un risultato che, ancorché vantaggioso per entrambe le parti, generi un valore molto più ampio della semplice somma di risultati. La co-opetition funziona particolarmente bene con imprese che lavorano sulla tecnologia e l’innovazione, con elevati investimenti di R&D. Valga come esempio la collaborazione tra American Airlines e Boeing che ha consentito di unire risorse finanziarie e manodopera per dare il via alla nuova generazione di aerei appartenenti al progetto “76 Next Generation 737s”.

 

Le diverse sfaccettature e le varie potenzialità della co-opetition emergono in modo evidente prendendo in considerazione un’altra celebre vicenda: la fornitura da parte di Samsung del nuovo ed innovativo schermo curvo Oled alla concorrente Apple per il suo iPhone X. Samsung, naturalmente, non fornendo ad Apple il proprio avanzato schermo avrebbe potuto intaccarne la leadership nel mercato degli smartphone premium, nel quale si trovano in competizione proprio il Samsung Galaxy e l’Apple iPhone. Però, ove Samsung non si fosse dimostrata disponibile a fornirle lo schermo Oled, certamente Apple si sarebbe rivolta ad altri operatori del comparto, ad esempio LG (che ha prodotto gli schermi Oled per i telefoni Pixel 3 di Google) oppure Boe (che ha fornito schermi Oled per i telefoni Mate 20 Pro di Huawei). Teniamo conto anche che Apple, notoriamente, adotta la politica di dare un fattivo supporto ai propri fornitori, al fine di consentirne un rapido miglioramento in termini di efficienza e qualità. Samsung, dunque, ha deciso di collaborare con la competitor Apple, non solo per i notevoli benefici che ne sarebbero derivati in termini di fatturato, ma anche – e, probabilmente, soprattutto – per non determinare un rafforzamento dei suoi concorrenti ed un inevitabile assottigliarsi del proprio vantaggio competitivo.


3. La funzione degli NDA e delle clausole di riservatezza

 

Ritornando al tema principale della presente disamina, occorre evidenziare che, talvolta, al fine di disciplinare la condivisione di informazioni riservate, non si parla di autonomi accordi di segretezza previ rispetto alla conclusione del contratto cui essi sono preordinati, ma di singole clausole di riservatezza, inserite in contratti conclusi e pienamente operativi, o anche atte a disciplinare, con il carattere dell’ultrattività, la fase successiva all’estinzione del contratto.

 

La natura stessa degli accordi e dei diritti, morali e patrimoniali, cui gli accordi di riservatezza sono posti a presidio, evidenzia chiaramente che essi sono finalizzati a conseguire due obiettivi principali:

  • in primo luogo, garantire che le informazioni confidenziali trasmesse durante le trattative vengano utilizzate esclusivamente per valutare la fattibilità di concludere il contratto, senza poter essere sfruttate una volta terminate le negoziazioni;
  • in secondo luogo, assicurare che la parte ricevente le informazioni riservate le mantenga tali e non le divulghi a terzi non autorizzati, salvo i soggetti necessariamente coinvolti nella trattativa stessa.

Vi sono molteplici circostanze in cui l’utilizzo di clausole di riservatezza si rivela indispensabile ed ineludibile, in relazione agli obiettivi ed alle finalità che tali clausole intendono conseguire.

Tra queste: 

  • la stipula di contratti che implicano la divulgazione di conoscenze tecniche, come quelli relativi al trasferimento di know-how non soggetto a protezioni esclusive, licenze di brevetti o di proprietà intellettuale, o anche attività di ricerca e sviluppo;
  • la stipula di contratti di collaborazione di lunga durata (ad esempio joint ventures, contratti di distribuzione, di fornitura, appalti internazionali complessi), nei quali sono previsti flussi informativi unilaterali, bilaterali o paralleli aventi per oggetto informazioni riservate;
  • l’esecuzione di operazioni di M&A, fusioni e acquisizioni di partecipazioni. Durante le fasi di due diligence (e anche prima di esse), difatti, vengono necessariamente rivelate informazioni finanziarie, commerciali o tecniche di natura riservata alla controparte. In queste circostanze, l’obbligo di mantenere la riservatezza precede l’inizio delle trattative e riguarda la stessa esistenza dei negoziati, che non possono essere divulgati a terzi. In questo contesto, lo scopo principale della riservatezza è quello di prevenire operazioni di “insider trading” da parte della controparte, agevolate dall’accesso a informazioni riservate dell’azienda. Benché ogni sistema legale contenga norme specifiche contro l’insider trading, le clausole di riservatezza possono estendere la nozione di informazioni riservate rispetto a quella definita dalla legge e introdurre ulteriori elementi dissuasivi, come sanzioni pecuniarie preventive. Altra funzione è quella di protezione contro “hostile take-overs”. Difatti, durante i negoziati di fusioni o acquisizioni, il rischio di un’acquisizione ostile, contraria alla volontà dell’azienda target, diventa particolarmente elevato, specialmente se la controparte, tramite le informazioni ottenute, comprende che il valore assegnato all’azienda è superiore a quello di mercato, rendendo più conveniente un’acquisizione ostile rispetto a una negoziata con il management. Ulteriore finalità è quella di evitare trattative parallele, finalità disciplinata da “standstill agreements” o “lock-out clauses or agreements”, e cioè trattative con terzi mentre vi è già una negoziazione in fase avanzata con la controparte. Anche se i sistemi legali già prevedono divieti di trattative parallele, le clausole di riservatezza possono fungere da monito preventivo alla controparte e rafforzare le protezioni legali. Ad esempio, in Italia, la violazione dei doveri di buona fede precontrattuale può comportare il risarcimento in base all’interesse contrattuale negativo, mentre l’inclusione di tali obblighi nel contratto può consentire di applicare criteri di risarcimento basati sull’interesse contrattuale positivo.

4. Cenni normativi ed eccezioni.

Orbene, gli Accordi di Non Divulgazione (NDA) sono comunemente utilizzati nei trasferimenti di tecnologia, negli accordi di licenza di brevetti e nelle acquisizioni di partecipazioni societarie. Questi accordi sono stipulati in fasi preliminari rispetto a un possibile accordo futuro.

 

Tuttavia, per valutare la fattibilità e la convenienza di tali contratti, è spesso necessario uno scambio informativo, che può essere coperto da un NDA. Questo tipo di accordo cade nelle fasi iniziali delle trattative, in cui non sono ancora stati stabiliti contatti sociali significativi tra le parti.

L’NDA - ove sottoscritto -  è un contratto a tutti gli effetti, atipico e con effetti obbligatori, giuridicamente vincolante fra soggetti giuridici che – nell’ambito di trattative precontrattuali o nella vigenza di rapporti contrattualmente già disciplinati -  convengono espressamente che determinate informazioni confidenziali che condividono debbano rimanere riservate e non possano essere utilizzate per scopi e/o secondo modalità diverse da quelle concordate.

La disciplina di riferimento, quanto all’ordinamento giuridico italiano, è il principio  di correttezza e buona fede cui devono essere  generalmente improntati i rapporti contrattuali (art. 1337 c.c., art. 1366 c.c., 1375 c.c.) e la condotta da tenersi in genere nell’adempimento delle obbligazioni (art. 1175 c.c.), secondo il quale esiste un  generale dovere di correttezza e di reciproca lealtà di condotta nei rapporti giuridici, che si sostanzia nell’obbligo per i contraenti di mantenere un comportamento oggettivamente ispirato a tali valori nei momenti fisiologici dell’atto negoziale.

Le clausole di riservatezza, invece, sono incluse nei documenti contrattuali e possono essere regolate in diverse fasi temporali: lettere d’intenti, contratti conclusi e fasi successive all’esecuzione del contratto.

Nel tempo la dottrina si è confrontata su quale fosse, tuttavia, la reale intensità degli obblighi di riservatezza, in base alla distinzione tipica dei sistemi di civil law tra obbligazioni di mezzi ed obbligazioni di risultato.

Sorge, dunque, l'interrogativo se il soggetto vincolato da un impegno di riservatezza debba limitarsi a compiere il massimo sforzo possibile, secondo il principio del “best effort”, e, di conseguenza, essere tenuto a rispettare gli standard di diligenza ordinaria. Oppure, se l'obbligo in questione debba assumere una connotazione più rigorosa e categorica, caratterizzandosi sostanzialmente per una natura assoluta e oggettiva, con la responsabilità che si manifesta indipendentemente da qualsiasi negligenza imputabile al custode della “non divulgazione”.

Naturalmente, la disciplina della riservatezza prevede che vi siano delle eccezioni alla tutela che siano di carattere soggettivo, relative ai soggetti che devono necessariamente entrare in possesso delle informazioni riservate per garantire funzionalità stessa dell’operazione contrattuale, nonché di carattere oggettivo relative alle i) informazioni di dominio pubblico; ii) informazioni che la controparte già possedeva per conto proprio (in relazioni alle quali, in casi selezionati, a fini preventivi di controversia, può rivelarsi utile provvedere al deposito fiduciario cd. “escrow” presso un notaio); iii) informazioni che la parte riceva da un terzo.

5. Conclusioni

Al di là di ciò, a dispetto della fondamentale rilevanza di accordi e clausole idonei a dar luogo a rapporti imprenditoriali ad alto valore, già a partire dalla fase precontrattuale e dedicata alla negoziazione ed allo scambio di informazioni, non può tacersi che nella prassi operativa si incontrano spesso previsioni contrattuali estremamente deboli, al punto da poterle considerare prive di qualsivoglia reale efficacia; risulta, invece, di fondamentale importanza la previsione di un adeguato apparato sanzionatorio e rimediale che tenga conto della tutela che necessitano entrambe le parti del negozio giuridico, sempre nell’alveo di una relazione giuridica sana che tenda alla realizzazione di operazioni win-win, ancora meglio se orientate alla co-opetition piuttosto che alla semplice cooperazione.