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L‘inadempimento in caso di irrealizzabilità progettuale e l‘influenza degli interessi specifici del committente sulla meritevolezza del compenso

22/02/2024

A cura dell'avv. Giuseppe Perillo

Sono state ritenute degne di integrale accoglimento dal Tribunale di Vallo della Lucania le difese svolte dallo studio in difesa di un professionista che si era visto negare il diritto di credito sul presupposto, rivelatosi poi infondato, di non aver correttamente adempiuto l’incarico professionale ricevuto. Oggetto del medesimo era stata l’attività di progettazione di uno stabilimento balneare in un Comune della costiera cilentana, in esecuzione di una convenzione scritta particolarmente articolata intercorsa tra un imprenditore, nelle vesti di committente, ed uno studio professionale di cui era titolare un architetto, avente studio e prevalente attività nel Cilento.

Il professionista si era visto costretto ad azionare la tutela monitoria in quanto si era visto negare il compenso pattuito con il committente. Questi non solo contestava la pretesa creditoria ma nel contempo lamentava, in sede di opposizione a D.I., l’inadempimento del professionista, per aver egli predisposto un progetto giudicato irrealizzabile. L’imprenditore committente spiegava, all’uopo, domanda riconvenzionale al fine di accertare l’inadempimento del professionista, e conseguentemente condannarlo alla restituzione della somma di € 5.000,00 versata a titolo di acconto.

In primo luogo, la difesa del professionista faceva rilevare come, sulla scorta anche di quanto emerso in sede di C.T.U., l’attiva svolta dall’architetto fosse del tutto esente da censure nonché scevra da errori progettuali.

Doveva, pertanto, trovare applicazione il principio, recepito dalla giurisprudenza di legittimità, secondo cui l’eccezione di inadempimento di cui all’art. 1460 c.c. può essere legittimamente opposta dal committente al professionista solo nel caso in cui questi abbia violato l’obbligo di diligenza professionale, attuando una condotta negligente causativa di un effettivo danno, corrispondente al mancato riconoscimento di una pretesa con tutta probabilità fondata (Ord. Cass. 21 giugno 2018, n. 16342).

In secondo luogo, quanto alla pretesa irrealizzabilità del progetto e della relativa costruzione, faceva rilevare che non vi era dubbio che il professionista aveva reso edotto il cliente circa i vincoli e le difficoltà dell’opera.

Ciò nonostante, il professionista riceveva l’autorizzazione alla progettazione da parte dell’imprenditore, con il quale pattuiva un compenso in relazione al quale gli veniva corrisposto un acconto di Euro 5.000,00. L’attività di progettazione affidata al professionista, a dire della controparte, doveva e poteva servire, tra l’altro, alla predisposizione di uno studio di fattibilità illustrativo delle caratteristiche strutturali morfologiche e funzionali dell’opera, condizione necessaria per richiedere all’ente proposto il rilascio di una concessione per l’avvio di un’impresa nel campo dell’offerta turistica.

In terzo luogo, la prestazione richiesta al professionista non era certo illegittima, in quanto la domanda di concessione demaniale richiede, per sua natura, l’allegazione di un progetto, la cui redazione era stata appunto richiesta al professionista.

Il progetto, difatti, in base a quanto previsto dagli artt. 5 e 6 del Regolamento per l’esecuzione del Codice della Navigazione, che disciplina le concessioni demaniali marittime, è parte integrante della domanda di concessione demaniale, sicché un rifiuto da parte del professionista (che l’opponente assumeva dovuto) avrebbe impedito all’imprenditore di poter presentare domanda di concessione.

Sicché, come rilevato dal C.T.U., il progetto redatto dal professionista riguardava un’opera realizzabile, ovviamente previo rilascio della relativa concessione, per cui l’oggetto della prestazione commissionata all’opposto era privo di aspetti ostativi all’esecuzione dell’intervento programmato.

Chiamato a pronunciarsi in merito al caso in esame, il Tribunale, in accoglimento delle difese svolte dallo studio legale, respingeva la domanda riconvenzionale e con essa la pretesa del committente di vedersi restituito l’acconto versato, adottando la seguente condivisibile motivazione: “dalla documentazione in atti si evince che in data 11.11.2008 Tizio conferiva incarico all’arch. Caio di redigere il progetto per la realizzazione di uno stabilimento balneare in località “…”; nella lettera di incarico venivano indicate sia le modalità di esecuzione dell’incarico che il compenso spettante al professionista. Inoltre, in tale documento si legge anche che: “il tipo di progettazione richiesta dal committente si caratterizza per il fatto che lo stabilimento deve esser realizzato su di un’area soggetta a vincolo, area sulla quale attualmente non è possibile realizzare nessuna attività edilizia, cosa che l’arch. Caio ha illustrato al committente portando a piena conoscenza di tale problematica e della possibilità che i suddetti vincoli possono inficiare il buon esito della pratica edilizia indipendentemente dall’impegno del professionista”. Pertanto, il committente, a differenza di quanto affermato sia nell’atto di opposizione che negli ulteriori scritti difensivi, era a conoscenza della circostanza che l’area interessata dal progetto era soggetta a vincoli e di conseguenza, risultava, di fatto “inedificabile”. A tal proposito giova ricordare che “l’obbligazione del professionista consiste nel redigere un progetto destinato all’esecuzione e, pertanto, realizzabile, pertanto, il committente – in base al principio inadempienti non est adimplendum – ha diritto di rifiutare il pagamento del compenso al professionista che abbia fornito un’opera irrealizzabile” (Cass. SS. UU., 28 luglio 2005, n. 15781). In particolare, qualora l’opera non sia realizzabile perché progettata in violazione delle prescrizioni urbanistiche, l’opus sarà assolutamente inutile e l’inadempimento dell’ingegnere sarà di norma configurabile ipso facto: è indubbio, infatti, che sul professionista gravi l’obbligazione di provvedere alla progettazione di un’opera conforme non soltanto alle norme stricto sensu tecniche, ma anche alle norme giuridiche che disciplinano le modalità di edificazione. Tuttavia, quando l’irrealizzabilità non sia conseguenza di errori tali da rendere il progetto inidoneo ad essere attuato, ma sia dovuta a richiesta ed istruzioni consapevoli del committente medesimo, debitamente informato dall’ingegnere, quest’ultimo non potrà essere ritenuto inadempiente (Cass. 19 agosto 2010, n. 18747), com’è avvenuto nel caso di specie. Alla luce di ciò la domanda di risoluzione della convenzione di incarico per inadempimento del professionista deve essere rigettata, in quanto dall’istruttoria espletata è emerso che l’arch. Caio aveva eseguito la prestazione secondo le indicazioni ricevute dall’imprenditore Tizio”.

Dirimente, dunque, ai fini della decisione, il fatto che il professionista avesse ottemperato agli obblighi informativi.

In sintesi, la Sentenza, in applicazione del combinato disposto degli artt. 1176, 1218 e 1322 comma 2° c.c. esprime la seguente massima: “l’irrealizzabilità dell’opera progettata, quando sia conseguenza di errori commessi dal professionista nella formazione dell’elaborato che lo rendano inidoneo ad essere attuato costituisce inadempimento dell’incarico che abilita il committente a rifiutare il compenso; quando, invece, ciò avvenga per uno specifico interesse del cliente, nell’esplicazione del principio di autonomia contrattuale, la circostanza stessa non può essere configurata come inadempimento del professionista agli obblighi legali e contrattuali posti a suo carico e non può quindi comportare l’insussistenza dell’obbligo del committente di corrispondergli il compenso. Il giudizio di meritevolezza di cui all’art. 1322, comma 2, c.c. va compiuto avendo riguardo allo scopo perseguito dalle parti, non già alla convenienza, chiarezza o aleatorietà del contratto o delle sue clausole”.