A cura dell'avv. Paolo La Manna
Le novità
introdotte dalla riforma del diritto di famiglia in tema di ascolto del minore costituiscono
il segno di un profondo riconoscimento, da parte dell’ordinamento, anche e
soprattutto alla luce delle convenzioni europee ed internazionali, dell’importanza
della tutela della personalità del minore, della sua centralità e del suo
diritto ad autodeterminarsi.
L’art. 315-bis
c.c., difatti, stabilisce, tra l’altro, che “il figlio minore che abbia
compiuto gli anni dodici, e anche di età inferiore ove capace di discernimento,
ha diritto di essere ascoltato in tutte le questioni e le procedure che lo
riguardano”. In buona sostanza, il minore è titolare di un vero e
proprio diritto ad esprimere il proprio in tutte le questioni che possano
riguardarlo e ad essere ascoltato anche in famiglia, circostanza, quest’ultima,
che contribuisce a realizzare il dovere di assistenza morale che incombe ai
genitori. Come sostenuto dalla più autorevole dottrina (tra cui Bianca,
Pirrone) l’assistenza morale implica il momento della comunicazione: se non
vi è comunicazione il minore è lasciato solo. L’ascolto, quindi,
costituisce manifestazione dei sentimenti, emozioni e desideri del minore che hanno
il diritto di essere condivisi. Sui genitori incombe il correlato obbligo di
ascoltarli.
Scrive Bianca, in “Diritto Civile, 2.1. La famiglia”: “i genitori parlano con il figlio, che abbia un adeguato grado di sviluppo, delle questioni attinenti all’esercizio della responsabilità genitoriale, e tendono a soluzioni condivise; …l’ascolto presuppone che il figlio sia informato dei problemi e che di questi se ne discuta, attuando quella reciproca comunicazione che dà luogo al dialogo”.
Pirrone,
invece, rileva “l’essenzialità della capacità di ascoltare, comprendere e
fare propri i problemi dei figli, riconoscendo che per la migliore educazione è
necessario ascoltarli, parlare con loro, seguirne i dilemmi, fare propri i loro
dispiaceri, affrontare i loro problemi. Solo così si creerà un rapporto di
sincerità e di stima, rapporto che è di fondamentale importanza”.
I principi
della Legge delega
Esaurita questa breve premessa, deve dirsi che la Legge n. 206/2021, nel quadro di un progetto ampio di
riforma, ha delegato il Governo ad adottare uno o più decreti legislativi per
la creazione di un rito unico, c.d. “procedimento in materia di persone,
minorenni e famiglie”.
Con riguardo, segnatamente, alla tematica relativa all’ascolto del minore:
§ l’art.1, comma 23, lett. dd) ha sancito il riordino delle disposizioni vigenti in materia, anche alla luce della normativa sovranazionale di riferimento;
§ l’art. 1, comma 23, lett. t) ha escluso la delegabilità, da parte del giudice, dell’ascolto del minore a terzi quali ausiliari o esperti;
§ l’art. 1, comma 23, lett. t) ha ribadito che debba procedersi ad ascolto del minore anche infradodicenne ove capace di esprimere la propria volontà;
§ l’art. 1, comma 23, lett. b) ha enunciato il principio secondo il quale, ove il minore rifiuti di incontrare uno o entrambi i genitori, il giudice è tenuto a procedere personalmente all’ascolto del minore e ad assumere ogni informazione ritenuta necessaria, accertando con urgenza le cause del rifiuto ed assumendo i più opportuni provvedimenti secondo il best interest of child;
§ l’art. 1, comma 23, lett. ff), al fine di tutelare il legame genitore-figlio, ha affidato al legislatore delegato il compito di dettare disposizioni per individuare le modalità di esecuzione dei provvedimenti relativi ai minori, prevedendo che queste siano determinate dal giudice in apposita udienza in contraddittorio con le parti, salvo che sussista il concreto e attuale pericolo di sottrazione di minori o di altre condotte che potrebbero pregiudicare l’attuazione del provvedimento.
Con particolare riguardo alla salvaguardia del legame genitore-figlio, la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, con specifico riferimento all’attuazione dei provvedimenti, ha rilevato più volte la mancata adozione della necessaria diligenza da parte delle autorità italiane, essendo le stesse rimaste al di sotto degli standard che da esse si potevano ragionevolmente attendere. La Corte, difatti, ha rilevato, nelle suddette fattispecie, la mancata adozione delle misure idonee a creare le condizioni necessarie alla piena realizzazione del diritto di visita del genitore e delle misure concrete e utili volte ad instaurare contatti effettivi tra genitore e figlio.
Per questo, la legge delega ha enucleato una serie di principi mirati a salvaguardare il rapporto genitore-figlio, anche attraverso l’ascolto immediato del minore, al fine di non veder compromesso il diritto dello stesso al rispetto della propria vita familiare, così come protetto e tutelato dall’art. 8 della CEDU, in ossequio al dettato della normativa sovranazionale.
L’attuazione
della Legge delega
Fermi restando gli esposti principi contenuti nella legge delega, il D. Lgs. di attuazione n. 149/2022, nel novellare il codice di procedura civile, ha inserito, dopo il Titolo IV, il Titolo IV bis, concernente norme per il procedimento in materia di persone, minorenni e famiglie.
In tema di modalità di ascolto del minore, l’art. 473-bis 4, al primo comma, ribadisce il principio, in precedenza contenuto nell’art. 336-bis c.c., in base al quale:
La norma dispone che le opinioni del minore debbano essere tenute in considerazione avuto riguardo alla sua età e al suo grado di maturità e ciò costituisce una importante innovazione, in attuazione di quanto sancito a livello sovranazionale.
Di fatti, la Convenzione di New York del 20 novembre 1989 sui Diritti del Fanciullo, ratificata dall’Italia con L. 27 maggio 1991 n. 176, all’art. 12 impone agli Stati parti della Convenzione di garantire al minore capace di discernimento il diritto di esprimere liberamente la propria opinione su ogni questione che lo interessa. La norma in discorso attribuisce rilevanza alle opinioni espresse dal minore, dovendo, tuttavia, le stesse essere debitamente prese in considerazione avuto riguardo alla sua età e al suo grado di maturità. Così anche la Convenzione sulla Protezione dei Minori e sulla Cooperazione in materia di adozione internazionale dell’Aja, del 29 maggio 1993, all’art. 4 dispone che l’adozione possa aver luogo soltanto se i desideri e le opinioni del minore siano state prese in considerazione e se il consenso del minore all’adozione, quando richiesto, è stato prestato liberamente e spontaneamente. Il dovere di tener conto di quanto espresso dal minore in sede di ascolto è poi contemplato dall’art. 24 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea firmata il 18 dicembre del 2000 a Nizza, rubricato “Diritti del bambino”, che al primo comma riconosce al minore il diritto di esprimere liberamente la propria opinione, dovendo poi questa essere presa in considerazione sulle questioni che lo riguardano in funzione dell’età e della maturità dello stesso. Inoltre, il Regolamento (UE) 2019/1111 del Consiglio del 25 giugno 2019 relativo alla competenza, al riconoscimento e all’esecuzione delle decisioni in materia matrimoniale e in materia di responsabilità genitoriale, e alla sottrazione internazionale di minori, al secondo comma dell’art. 21, rubricato “Diritto del minore ad esprimere la propria opinione”, prevede che “qualora l’autorità giudiziaria decida, conformemente al diritto e alle procedure nazionali, di dare al minore la possibilità di esprimere la propria opinione ai sensi del presente articolo, dovrà tener in debito conto dell’opinione del minore in funzione della sua età e del suo grado di maturità”.
Il legislatore, dunque, ha inteso promuovere e proteggere l’autodeterminazione e la personalità del minore, con particolare riferimento sia alle sue peculiari capacità ma anche a quelle inclinazioni naturali ed aspettative che ne delineano complessivamente la unicità.
Resta inteso che, in termini di valutazione delle dichiarazioni rese dal minore capace di discernimento e quindi dotato di sufficiente maturità, il giudice resta comunque libero di discostarsi motivatamente dalle indicazioni provenienti dallo stesso minore e ciò proprio in ragione del suo best interest.
Il secondo comma dell’art. 473-bis 4 dispone che:
Pertanto, l’ascolto
non può aver luogo, con idonea motivazione, in tutti i casi in cui risulti
pregiudizievole per il minore, anche tenuto conto delle condizioni psichiche o
fisiche dello stesso (così come previsto dall’art. 23, lett. s) della delega
che fa salvi i casi di “impossibilità del minore”), o appaia del tutto privo di
utilità. Il fondamento di tale esclusione è da ravvisare in ulteriori esigenze
alle quali il legislatore pure attribuisce rilevanza: difatti l’ascolto, seppur
finalizzato alla ricerca dell’interesse di quest’ultimo e alla individuazione
della soluzione migliore per lo stesso, non è sempre privo di conseguenze
potendo, talvolta, essere dannoso per il minore, tenuto conto delle condizioni
dello stesso e dei disagi che a quest’ultimo possano derivarne.
Naturalmente,
anche nel caso in cui sia il minore a non voler essere ascoltato per non essere
coinvolto in vicende giudiziarie, la sua scelta deve essere rispettata e non
deve procedersi all’ascolto. Ciò sempre in attuazione dei principi che
attribuiscono preminenza alla realizzazione del miglior interesse del fanciullo.
È poi sancito
che il giudice procede solo se necessario all’ascolto, nei procedimenti in cui
si prende atto di un accordo dei genitori relativo alle condizioni di
affidamento dei figli (art. 473-bis 4, terzo comma). Tale norma mira a
tutelare l’interesse del minore a non essere ulteriormente esposto a possibili
pregiudizi derivanti dal rinnovato coinvolgimento emotivo nelle questioni
relative alla rottura del nucleo familiare, qualora il giudice prenda atto dell’accordo
tra i genitori e ritenga non indispensabile procedere all’ascolto. Tale
disposizione abroga quanto previsto dall’art. 337-octies c.c. secondo cui nei procedimenti
in cui si omologa o si prende atto di un accordo dei genitori, relativo all’affidamento
dei figli, il giudice deve sempre procedere all’ascolto, salvo che ciò appaio
in contrasto con l’interesse del minore o manifestamente superfluo.
Anche in questo caso, la norma dà concreta attuazione
a quanto proclamato a livello sovranazionale in ordine all’introduzione di una
serie di garanzie e di accorgimenti che giudice dovrà adottare ai fini dell’ascolto,
durante il quale potrà farsi assistere da esperti e altri ausiliari: è
difatti stabilito che il giudice debba fissare l’udienza tenuto conto degli
impegni scolastici del minore, rendendolo edotto della natura del
procedimento e degli effetti dell’ascolto, tenuto conto della maturità e
dell’età del minore e procedendo all’adempimento con modalità che
garantiscano la serenità e la riservatezza del minore.
A questo proposito l’art. 25 della Convenzione di
Lanzarote del 25 ottobre 2007, adottata dal Consiglio d’Europa e ratificata
dall’Italia il 10 ottobre 2012, rubricato "Audizione del minore",
prevede il dovere degli Stati parti di assicurare che le audizioni del minore
si svolgano, ove necessario, in setting adeguati, ossia locali concepiti
o adattati a tal fine e siano condotte da professionisti.
Il terzo comma
dell’art. 473-bis 5 stabilisce il dovere del giudice, prima di procedere
all’ascolto, di indicare i temi oggetto dell’adempimento alle parti e ai
difensori. Ai genitori, a coloro esercitano la responsabilità genitoriale, ai
difensori delle parti, al curatore speciale del minore, se nominato, e al
pubblico ministero è riconosciuta la facoltà di proporre argomenti e temi di
approfondimento e, se autorizzati dal giudice, di partecipare all’ascolto.
Il quarto comma dell’art. 473-bis 5 attribuisce
al giudice il dovere di informare il minore che abbia compiuto i quattordici
anni, della possibilità di chiedere la nomina di un curatore speciale. Tale
disposizione mira a dare concreta attuazione a quanto previsto dall’art.473-bis
8 che, riproducendo quanto previsto del previgente art. 78 c.p.c. prevede la
nomina obbligatoria, a pena di nullità, da parte del giudice del curatore
speciale qualora sia il minore quattordicenne a richiederlo.
L’art. 152-quater disp. att. c.p.c. riproduce il contenuto del precedente art. 38-bis disp. att. c.c. e consente ai difensori delle parti, al curatore speciale ed al pubblico ministero di assistere all’ascolto del minore, anche senza l’autorizzazione del giudice e da luogo diverso da quello in cui viene espletato, quando “la salvaguardia del minore è assicurata con idonei mezzi tecnici, quali l’uso del vetro specchio unitamente a impianto citofonico”.
Inoltre, l’art.
473-bis 6, in attuazione del principio di delega indicato nell’art. 23,
lett. b), nel disciplinare i casi di rifiuto del minore di aver contatti con
uno o entrambi i genitori, ha previsto il dovere del giudice di accertare con
urgenza le cause del rifiuto, procedendo personalmente all’ascolto del minore e
assumendo ogni informazione ritenuta necessaria.
L’ultimo comma dell’articolo prevede l’applicazione di tali disposizioni anche nei procedimenti in cui siano allegate o segnalate condotte di un genitore tali da ostacolare il mantenimento di un rapporto equilibrato e continuativo tra il minore e l’altro genitore o la conservazione di rapporti significativi con gli ascendenti e con i parenti di ciascun ramo genitoriale.
Il principio
di delega contenuta nell’art. 23, lett. s) ha disposto che il giudice debba
procedere “in ogni caso” alla videoregistrazione dell’ascolto del minore; il
principio ha trovato la sua applicazione nell’ultimo comma dell’art. 473-bis 5
che impone, sempre la videoregistrazione. La disposizione che precede,
tuttavia, troverà concreta applicazione, in base a quanto previsto dall’art.
152-quinquies c.p.c. una volta che il Ministero abbia adottato un decreto
ministeriale che doti gli uffici degli strumenti tecnologici necessari alla
videoregistrazione, da redigere a cura dello stesso organo ministeriale. In
assenza di videoregistrazione il giudice dovrà procedere ad una verbalizzazione
quanto più analitica dell’ascolto, anche dando conto del contegno del minore.