A cura dell'avv. Paolo La Manna
La sesta sezione del
Consiglio di Stato, con Ordinanza n. 3794, il 19 aprile 2023 ha rimesso
all’Adunanza plenaria il compito di dirimere il contrasto interpretativo sulle
conseguenze sanzionatorie dell’inottemperanza all’ordine di demolizione, nonché
relative alla realizzazione di opere e fabbricati abusivi.
In particolare, il Consiglio
di Stato ha sottoposto i seguenti quesiti:
1)
se, e in che limiti, l’inottemperanza alla
ingiunzione di demolizione adottata ai sensi dell’art. 31, comma 3, del d.P.R.
6 giugno 2001, n. 380, recante Testo Unico delle disposizioni legislative e
regolamentati in materia Edilizia abbia effetti traslativi automatici che si
verificano alla scadenza del termine di novanta giorni assegnato al privato per
la demolizione.
2)
se l’art. 31, comma 4 bis, del d.P.R. 6 giugno
2001, n. 380, recante Testo Unico delle disposizioni legislative e
regolamentati in materia Edilizia, sanzioni l’illecito costituito dall’abuso
edilizio o, invece, un illecito autonomo di natura omissiva, id est,
l’inottemperanza alla ingiunzione di demolizione.
3)
se l’inottemperanza all’ordine di demolizione
configuri un illecito permanente ovvero un illecito istantaneo ad effetti
eventualmente permanenti.
4)
se la sanzione di cui all’art 31 comma 4 bis
del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, recante Testo Unico delle disposizioni
legislative e regolamentati in materia Edilizia, possa essere irrogata nei
confronti di soggetti che hanno ricevuto la notifica dell’ordinanza di
demolizione prima dell’entrata in vigore della legge 11 novembre 2014, n. 164, quando il termine
di novanta giorni, di cui all’art. 31, comma 3, risulti a tale data già scaduto
e detti soggetti più non possano demolire un bene non più loro, sempre sul
presupposto che a tale data la perdita della proprietà in favore del comune
costituisca un effetto del tutto automatico.
Con la predetta Ordinanza, la
sesta sezione del Consiglio di Stato ha sollecitato l’intervento nomofilattico
dell’Adunanza Plenaria per risolvere tre tradizionali questioni – che da quasi
cinquant’anni dividono la dottrina e la giurisprudenza – e una più recente, in
ordine alle conseguenze dell’inottemperanza dell’ordinanza di demolizione
emessa a fronte della doverosa attività di vigilanza sulla regolarità
dell’edificato attribuita ai comuni ai sensi dell’art. 27 del d.P.R. n. 380 del
2001.
L’intervento dell’Adunanza Plenaria,
anche in ragione della serialità e della rilevanza numerica dei giudizi
incentrati su tali questioni, appariva, a parere del Consiglio di Stato,
funzionale alla rapida e prevedibile definizione di tale tipologia di
contenzioso.
Con Sentenza n. 16 dell’11
ottobre 2023, dunque, l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, nell’alveo di
un’ampia e profondamente articolata pronuncia, ha, in via preliminare, eseguito
un focus sulle quattro fasi che costituiscono ed integrano l’intervento
repressivo della P.A. nei confronti dell’abusivismo edilizio, ai sensi
dell’art. 31 T.U.E. (Testo Unico in materia di Edilizia), per poi, alla luce
della disamina svolta, enunciare i susseguenti principi di diritto.
FASE 1
Una prima fase dell’intervento repressivo della P.A. è attivata dalla notizia dell'esecuzione di interventi in assenza di permesso, in totale difformità dal medesimo, ovvero con variazioni essenziali, determinate ai sensi dell’articolo 32. Sfocia in un accertamento istruttorio e si conclude, in caso di verifica positiva dell’esistenza dell’illecito, con un’ordinanza che ingiunge al proprietario e al responsabile dell’abuso la rimozione o la demolizione, indicando nel provvedimento l'area che viene acquisita di diritto in caso di inottemperanza all’ordine (la mancata individuazione della detta area non comporta l’illegittimità dell’ordinanza di demolizione, potendo la sua individuazione avvenire con il successivo atto di accertamento dell’inottemperanza (ex plurimis, Consiglio di Stato, Sez. VI, 5 maggio 2023, n. 4563).
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EVENTUALE ISTANZA DI ACCERTAMENTO DI
CONFORMITÀ – TERMINI E PROROGHE
Come ribadito dall’Adunanza Plenaria del
C.d.S., entro il termine perentorio di 90 giorni, il destinatario dell’ordine
di demolizione può formulare l’istanza di accertamento di conformità prevista
dall’art. 36, comma 1, del testo unico n. 380 del 2001. L’art. 36, comma 1,
infatti, consente la presentazione di tale istanza “fino alla scadenza dei
termini di cui agli articoli 31, comma 3, 33, comma 1, 34, comma 1, e comunque
fino all'irrogazione delle sanzioni amministrative” e dunque prima della
scadenza del termine indicato per demolire o ridurre in pristino ovvero - nel
caso in cui ciò non sia possibile - prima dell’irrogazione delle sanzioni
previste in alternativa dagli articoli 33 e 34 del d.P.R. n. 380 del 2001. Va,
altresì, precisato che l’art. 36 è entrato in vigore prima dell’introduzione
del comma 4 bis dell’art. 31 e ovviamente non poteva far riferimento anche a
quest’ultimo. Pertanto, la disposizione non può che essere interpretata nel
senso che l’accertamento di conformità può essere richiesto prima della
scadenza del termine indicato per demolire o ridurre in pristino ovvero - nel
caso in cui ciò non sia possibile - prima dell’irrogazione delle sanzioni
previste in alternativa dagli artt. 33 e 34 d.P.R. n. 380 del 2001.
Non può invece ritenersi che l’istanza ex art. 36 comma 1,
possa essere presentata fino all’irrogazione della sanzione pecuniaria di cui
al comma 4 bis dell’art. 31, facendo leva sul riferimento generico contenuto
nell’art. 36 alla locuzione “fino all’irrogazione delle sanzioni
amministrative”. Infatti, la situazione del proprietario, che lascia
trascorrere inutilmente il termine per demolire, è quella del soggetto non più
legittimato a presentare l’istanza di accertamento di conformità, avendo
perduto ogni titolo di legittimazione rispetto al bene. Entro il termine di 90
giorni, il destinatario dell’ordinanza di demolizione può anche chiedere una
sua proroga, qualora dimostri la sua concreta volontà di disporre la
demolizione e sussistano ragioni oggettive che rendano impossibile il
completamento della restitutio in integrum entro tale termine.
FASE 2
Una
seconda fase si attiva decorso il termine di 90 giorni dalla notifica del
provvedimento di demolizione agli interessati (o il diverso termine prorogato dall’Amministrazione
su istanza di quest’ultimi) con un sopralluogo sull’immobile, che si conclude
con l’accertamento positivo o negativo dell’esecuzione dell’ordinanza di
ripristino.
Nel
caso di accertamento positivo,
l’autore dell’abuso mantiene la titolarità del suo diritto, non potendo
l’Amministrazione emanare l’atto di acquisizione. L’ordinamento, dunque,
incentiva l’autore dell’illecito a rimuovere le sue conseguenze materiali, con
la prospettiva del mantenimento del suo diritto reale nel caso di tempestiva
esecuzione dell’ordinanza di demolizione.
Nel
caso di accertamento negativo,
l’Amministrazione rileva che vi è stata l’acquisizione ex lege al patrimonio
comunale (salvi i casi previsti dal comma 6) del bene come descritto
nell’ordinanza di demolizione (ovvero come descritto nello stesso atto di
acquisizione con l’indicazione dell’ulteriore superficie nel limite del decuplo
di quella abusivamente costruita). Alla scadenza del termine di 90 giorni,
l’Amministrazione è dunque ipso
iure proprietaria del bene abusivo
ed il responsabile non è più legittimato a proporre l’istanza di accertamento
di conformità.
A
seguito dell’entrata in vigore del comma 4-bis dell’art. 31, l’Amministrazione
deve anche irrogare la sanzione amministrativa pecuniaria (anche con atto
separato, qualora tale sanzione per una qualsiasi ragione non sia stata
contestuale all’accertamento dell’inottemperanza).
Come
ha evidenziato la Corte Costituzionale, l’ordine di demolizione e l’atto di
acquisizione al patrimonio comunale costituiscono due distinte sanzioni, che
rappresentano “la reazione dell’ordinamento al duplice illecito posto in essere
da chi dapprima esegue un’opera abusiva e, poi, non adempie all’obbligo di
demolirla” (sentenza n. 140 del 2018, § 3.5.1.1.; sentenza n. 427 del 1995;
sentenza n. 345 del 1991). La sanzione disposta con l’ordinanza di
demolizione ha natura riparatoria ed ha per oggetto le opere abusive, per cui
l’individuazione del suo destinatario comporta l’accertamento di chi sia
obbligato propter rem a demolire e prescinde da qualsiasi valutazione
sulla imputabilità e sullo stato soggettivo (dolo, colpa) del titolare del
bene. Invece, l’acquisizione gratuita, quale conseguenza
dell’inottemperanza all’ordine di demolizione e della relativa omissione, ha
natura afflittiva (così come la correlata sanzione pecuniaria).
In
considerazione di tale natura afflittiva, ritiene l’Adunanza Plenaria che vada
affermato in materia anche il principio per il quale deve esservi
l’imputabilità dell’illecito omissivo della mancata ottemperanza. Pertanto,
l’atto di acquisizione delle opere abusive al patrimonio comunale non può
essere emesso quando risulti la non imputabilità - per una malattia
completamente invalidante - della mancata ottemperanza da parte del
destinatario dell’ordine di demolizione (salvi gli obblighi del suo eventuale
rappresentante legale).
Per
il principio della vicinanza alla fonte della prova, è specifico onere per il
destinatario dell’ordine di demolizione – o, in ipotesi, del suo rappresentante
legale - dedurre e comprovare la sussistenza di tale non imputabilità:
l’Amministrazione, in assenza di comprovate deduzioni, deve emanare l’atto di
acquisizione.
FASE 3
La terza fase – già
disciplinata dal testo originario dell’art. 31 del d.P.R. n. 380 del 2001 e poi
disciplinata anche dalla legge n. 164 del 2014, che ha ivi aggiunto i commi
4-bis, 4-ter e 4-quater - si apre con la notifica dell’accertamento
dell’inottemperanza all’interessato e concerne l’immissione nel possesso del
bene e la trascrizione dell’acquisto nei registri immobiliari. Quest’ultimo
adempimento, che deve essere compiuto con sollecitudine, rappresenta un atto
indispensabile al fine di rendere pubblico nei rapporti con i terzi l’avvenuto
trasferimento del diritto di proprietà e consolidarne gli effetti, sicché ai
sensi di quanto disposto dal comma 4 bis dell’art. 31 deve ritenersi che
rappresenti un elemento di valutazione della performance individuale, nonché di
responsabilità disciplinare e amministrativo-contabile del dirigente e del funzionario
inadempiente, al pari della tardiva o mancata adozione della stessa sanzione
che con l’atto di accertamento viene irrogata.
Con tale notifica, il bene si
intende acquisito a titolo originario al patrimonio pubblico – con decorrenza
dalla scadenza del termine fissato dall’art. 31, salva la proroga eventualmente
disposta - e di conseguenza eventuali ipoteche, pesi e vincoli preesistenti
vengono caducati unitamente al precedente diritto dominicale, senza che rilevi
l'eventuale anteriorità della relativa trascrizione o iscrizione (cfr. Cons.
St., Sez. VII, 8 marzo 2023, n. 2459).
L’accertamento della
inottemperanza certifica il passaggio di proprietà del bene al patrimonio
pubblico e costituisce il titolo per l'immissione nel possesso e per la
trascrizione nei registri immobiliari, che deve essere eseguita gratuitamente.
Ai sensi dell’art. 31 del d.P.R. n. 380 del 2001 già nel suo testo originario,
l’acquisto ipso iure del bene abusivo
da parte dell’Amministrazione comporta la novazione oggettiva dell’obbligo
ricadente propter rem sull’autore dell’abuso e sui suoi aventi causa.
Infatti, l’obbligo di
demolire il proprio manufatto entro il termine fissato dall’Amministrazione
dopo la scadenza di tale termine viene meno (non potendo più il responsabile
demolire un bene che non è più suo) ed è sostituito ex lege dall’obbligo di rimborsare all’Amministrazione tutte le
spese che essa poi sostenga per demolire il bene abusivo.
Con l’entrata in vigore della
legge n. 164 del 2014, l’art. 31 è stato integrato con i commi 4-bis, 4-ter e
4-quater. L’art. 31, comma 4-bis, dispone che: “L'autorità competente,
constatata l'inottemperanza, irroga una sanzione amministrativa pecuniaria”.
Esso ha dunque previsto una ulteriore sanzione di natura afflittiva, nel caso
di inottemperanza all’ordinanza di demolizione: alla tradizionale previsione
dell’acquisizione di diritto al patrimonio comunale del bene abusivo e della “area
ulteriore”, la riforma del 2014 ha aggiunto la doverosa irrogazione di una
sanzione amministrativa pecuniaria, che deve essere disposta senza indugio (col
medesimo atto di accertamento dell’inottemperanza o con un atto integrativo
autoritativo successivo). La ratio di tale ulteriore previsione si basa
anch’essa sull’esigenza di salvaguardare i valori tutelati dagli articoli 9,
41, 42 e 117 della Costituzione. Poiché il responsabile dell’illecito ha
cagionato un vulnus al paesaggio,
all’ambiente ed all’ordinato assetto del territorio, in contraddizione con la
funzione sociale della proprietà, il legislatore ha inteso sanzionarlo – oltre
che con la perdita della proprietà - anche con una sanzione pecuniaria, qualora
non abbia ottemperato all’ordinanza di demolizione.
In considerazione della
scarsità delle risorse economiche di cui sono ordinariamente dotati i Comuni e
della complessità delle procedure in base alle quali le Amministrazioni possono
disporre la demolizione in danno e porre le spese a carico del responsabile, il
legislatore ha inteso in questo modo stimolare il responsabile ad eliminare le
conseguenze dell’illecito edilizio, con la previsione di una sanzione
pecuniaria.
Sotto il profilo civilistico,
l’acquisto ipso iure da parte del
Comune comporta l’applicabilità dell’art. 2053 del codice civile, sulla
responsabilità del proprietario nei confronti dei terzi per i danni derivanti
dalla rovina dell’edificio, salva l’applicazione dell’articolo 2051 dello
stesso codice, sulla responsabilità di chi continui a possedere l’edificio
abusivo, fin quando l’Amministrazione si sia immessa nel possesso, in esecuzione
dell’atto di accertamento dell’inottemperanza all’ordine di demolizione.
FASE 4
La quarta (ed eventuale) fase
riguarda il “come” l’Amministrazione intenda gestire il bene ormai entrato nel
patrimonio comunale. A seguito della perdita ipso iure del bene, pur se accertata successivamente, chi lo
possiede ormai senza idoneo titolo giuridico non può né demolirlo, né
modificarlo, ed è tenuto a corrispondere un importo all’Amministrazione
proprietaria per la sua disponibilità che avviene sine titulo.
In alternativa alla
demolizione del bene il Consiglio comunale può, ai sensi del secondo periodo
del comma 5 dell’art. 31, deliberare il mantenimento in essere dell’immobile
abusivo, che secondo l’insegnamento della Corte costituzionale (Corte cost., n.
140 del 2018) è una via del tutto eccezionale, che può essere percorsa per la
presenza di prevalenti interessi pubblici e sempre che l'opera non contrasti
con rilevanti interessi urbanistici, ambientali o di rispetto dell’assetto
idrogeologico.
In assenza di tale motivata
determinazione del Consiglio comunale, va senz’altro disposta, ai sensi del primo
periodo del comma 5, la materiale demolizione del bene abusivo a spese del
responsabile dell'abuso e dei suoi eventuali aventi causa, fermo restando che
la demolizione non comporta il riacquisto dell’area di sedime, ormai
definitivamente acquisita al patrimonio comunale.
Anche in tal caso,
l’Amministrazione può consentire che la demolizione possa essere effettuata dal
responsabile (o dal suo avente causa), il quale può averne uno specifico
interesse, per contenerne le spese, che altrimenti sarebbero anticipate anche
in misura superiore dall’Amministrazione, con rivalsa nei suoi confronti.
Salvo il caso eccezionale in
cui l’Amministrazione ritenga di evitare la demolizione dell’immobile ormai
entrato nel suo patrimonio per soddisfare interessi pubblici, l’esito finale
ordinario dell’abuso edilizio è dunque costituito dalla demolizione del
manufatto abusivo.
Il responsabile
dell’illecito, il proprietario ed i suoi aventi causa hanno sempre il dovere di
rimuoverne le conseguenze, sicché vanno distinte le seguenti fasi temporali:
a) fino a quando scade il
termine fissato nell’ordinanza di demolizione, questi hanno il dovere di
effettuare la demolizione, che, se viene posta in essere, evita il
trasferimento della proprietà al patrimonio pubblico;
b) qualora il termine per
demolire scada infruttuosamente, i destinatari dell’ordinanza di demolizione
commettono un secondo illecito di natura omissiva, che comporta, da un lato, la
perdita ipso iure della proprietà del
bene con la conseguente e connessa irrogazione della sanzione pecuniaria e,
dall’altro, la novazione oggettiva dell’obbligo propter rem, perché all’obbligo di demolire il bene si sostituisce
l’obbligo di rimborsare l’Amministrazione, per le spese da essa anticipate per
demolire le opere abusive entrate nel suo patrimonio, risultanti contra ius (qualora essa non abbia
inteso eccezionalmente utilizzare il bene ai sensi dell’art. 31, comma 5, del
d.P.R.n. 380 del 2001);
c) decorso il termine per
demolire, qualora l’Amministrazione non decida di conservare il bene, resta la
possibilità di un’ulteriore interlocuzione con il privato per un adempimento
tardivo dell’ordine di demolire, che non comporta il sorgere di un diritto di
quest’ultimo alla “retrocessione” del bene, né fa venire meno la sanzione
pecuniaria irrogata, ma può evitargli, da un lato, la perdita dell’ulteriore
proprietà sino a dieci volte la complessiva superficie utile abusivamente
costruita se non è già stata individuata in sede di ordinanza di demolizione,
nonché gli eventuali maggiori costi derivanti dalla demolizione in danno. Il
proprietario non ha dunque alcun diritto a porre in essere la demolizione dopo
la scadenza del termine dei 90 giorni, spettando alla discrezionalità
dell’Amministrazione di valutare se coinvolgerlo ulteriormente nella
demolizione.
___________________
Alla luce delle predette fasi
che contraddistinguono l’esercizio del potere della P.A. in relazione alle
attività di vigilanza e repressione degli abusi edilizi, l’Adunanza Plenaria ha
enunciato i seguenti principi di diritto:
a) la
mancata ottemperanza all’ordine di demolizione entro il termine da esso fissato
comporta la perduranza di una situazione contra ius e costituisce un
illecito amministrativo omissivo propter rem, distinto dal precedente “primo”
illecito – avente anche rilevanza penale - commesso con la realizzazione delle
opere abusive;
b) la
mancata ottemperanza – anche da parte del nudo proprietario - alla ordinanza di
demolizione entro il termine previsto dall’art. 31, comma 3, del d.P.R. n. 380
del 2001, impone l’emanazione dell’atto di acquisizione del bene al patrimonio
comunale, tranne il caso in cui sia stata formulata l’istanza prevista
dall’art. 36 del medesimo d.P.R. o sia stata dedotta e comprovata la non imputabilità
dell’inottemperanza;
c) l’atto
di acquisizione del bene al patrimonio comunale, emesso ai sensi dell’art. 31,
comma 3, del d.P.R. n. 380 del 2001, ha natura dichiarativa e comporta – in
base alle regole dell’obbligo propter rem - l’acquisto ipso iure
del bene identificato nell’ordinanza di demolizione alla scadenza del termine
di 90 giorni fissato con l’ordinanza di demolizione. Qualora per la prima volta
sia con esso identificata l’area ulteriore acquisita, in aggiunta al manufatto
abusivo, l’ordinanza ha natura parzialmente costitutiva in relazione solo a
quest’ultima (comportando una fattispecie a formazione progressiva);
d) l’inottemperanza
all’ordinanza di demolizione comporta la novazione oggettiva dell’obbligo del
responsabile o del suo avente causa di ripristinare la legalità violata,
poiché, a seguito dell’acquisto del bene da parte dell’Amministrazione, egli
non può più demolire il manufatto abusivo e deve rimborsare all’Amministrazione
le spese da essa sostenute per effettuare la demolizione d’ufficio, salva la
possibilità che essa consenta anche in seguito che la demolizione venga posta
in essere dal privato;
e) la
sanzione pecuniaria prevista dall’art. 31, comma 4-bis, del d.P.R. n. 380 del
2001 non può essere irrogata nei confronti di chi – prima dell’entrata in
vigore della legge n. 164 del 2014 – abbia già fatto decorrere inutilmente il
termine di 90 giorni e sia risultato inottemperante all’ordine di demolizione,
pur se tale inottemperanza sia stata accertata dopo la sua entrata in vigore.