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Abuso edilizio ed ordine di demolizione: le conseguenze amministrative alla luce della pronuncia dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato

23/10/2023

A cura dell'avv. Paolo La Manna

La sesta sezione del Consiglio di Stato, con Ordinanza n. 3794, il 19 aprile 2023 ha rimesso all’Adunanza plenaria il compito di dirimere il contrasto interpretativo sulle conseguenze sanzionatorie dell’inottemperanza all’ordine di demolizione, nonché relative alla realizzazione di opere e fabbricati abusivi.

In particolare, il Consiglio di Stato ha sottoposto i seguenti quesiti:

1)    se, e in che limiti, l’inottemperanza alla ingiunzione di demolizione adottata ai sensi dell’art. 31, comma 3, del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, recante Testo Unico delle disposizioni legislative e regolamentati in materia Edilizia abbia effetti traslativi automatici che si verificano alla scadenza del termine di novanta giorni assegnato al privato per la demolizione.

2)    se l’art. 31, comma 4 bis, del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, recante Testo Unico delle disposizioni legislative e regolamentati in materia Edilizia, sanzioni l’illecito costituito dall’abuso edilizio o, invece, un illecito autonomo di natura omissiva, id est, l’inottemperanza alla ingiunzione di demolizione.

3)    se l’inottemperanza all’ordine di demolizione configuri un illecito permanente ovvero un illecito istantaneo ad effetti eventualmente permanenti.

4)    se la sanzione di cui all’art 31 comma 4 bis del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, recante Testo Unico delle disposizioni legislative e regolamentati in materia Edilizia, possa essere irrogata nei confronti di soggetti che hanno ricevuto la notifica dell’ordinanza di demolizione prima dell’entrata in vigore della legge  11 novembre 2014, n. 164, quando il termine di novanta giorni, di cui all’art. 31, comma 3, risulti a tale data già scaduto e detti soggetti più non possano demolire un bene non più loro, sempre sul presupposto che a tale data la perdita della proprietà in favore del comune costituisca un effetto del tutto automatico.

Con la predetta Ordinanza, la sesta sezione del Consiglio di Stato ha sollecitato l’intervento nomofilattico dell’Adunanza Plenaria per risolvere tre tradizionali questioni – che da quasi cinquant’anni dividono la dottrina e la giurisprudenza – e una più recente, in ordine alle conseguenze dell’inottemperanza dell’ordinanza di demolizione emessa a fronte della doverosa attività di vigilanza sulla regolarità dell’edificato attribuita ai comuni ai sensi dell’art. 27 del d.P.R. n. 380 del 2001.

L’intervento dell’Adunanza Plenaria, anche in ragione della serialità e della rilevanza numerica dei giudizi incentrati su tali questioni, appariva, a parere del Consiglio di Stato, funzionale alla rapida e prevedibile definizione di tale tipologia di contenzioso.

Con Sentenza n. 16 dell’11 ottobre 2023, dunque, l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, nell’alveo di un’ampia e profondamente articolata pronuncia, ha, in via preliminare, eseguito un focus sulle quattro fasi che costituiscono ed integrano l’intervento repressivo della P.A. nei confronti dell’abusivismo edilizio, ai sensi dell’art. 31 T.U.E. (Testo Unico in materia di Edilizia), per poi, alla luce della disamina svolta, enunciare i susseguenti principi di diritto.

FASE 1

Una prima fase dell’intervento repressivo della P.A. è attivata dalla notizia dell'esecuzione di interventi in assenza di permesso, in totale difformità dal medesimo, ovvero con variazioni essenziali, determinate ai sensi dell’articolo 32. Sfocia in un accertamento istruttorio e si conclude, in caso di verifica positiva dell’esistenza dell’illecito, con un’ordinanza che ingiunge al proprietario e al responsabile dell’abuso la rimozione o la demolizione, indicando nel provvedimento l'area che viene acquisita di diritto in caso di inottemperanza all’ordine (la mancata individuazione della detta area non comporta l’illegittimità dell’ordinanza di demolizione, potendo la sua individuazione avvenire con il successivo atto di accertamento dell’inottemperanza (ex plurimis, Consiglio di Stato, Sez. VI, 5 maggio 2023, n. 4563).

-          EVENTUALE ISTANZA DI ACCERTAMENTO DI CONFORMITÀ – TERMINI E PROROGHE

Come ribadito dall’Adunanza Plenaria del C.d.S., entro il termine perentorio di 90 giorni, il destinatario dell’ordine di demolizione può formulare l’istanza di accertamento di conformità prevista dall’art. 36, comma 1, del testo unico n. 380 del 2001. L’art. 36, comma 1, infatti, consente la presentazione di tale istanza “fino alla scadenza dei termini di cui agli articoli 31, comma 3, 33, comma 1, 34, comma 1, e comunque fino all'irrogazione delle sanzioni amministrative” e dunque prima della scadenza del termine indicato per demolire o ridurre in pristino ovvero - nel caso in cui ciò non sia possibile - prima dell’irrogazione delle sanzioni previste in alternativa dagli articoli 33 e 34 del d.P.R. n. 380 del 2001. Va, altresì, precisato che l’art. 36 è entrato in vigore prima dell’introduzione del comma 4 bis dell’art. 31 e ovviamente non poteva far riferimento anche a quest’ultimo. Pertanto, la disposizione non può che essere interpretata nel senso che l’accertamento di conformità può essere richiesto prima della scadenza del termine indicato per demolire o ridurre in pristino ovvero - nel caso in cui ciò non sia possibile - prima dell’irrogazione delle sanzioni previste in alternativa dagli artt. 33 e 34 d.P.R. n. 380 del 2001.

Non può invece ritenersi che l’istanza ex art. 36 comma 1, possa essere presentata fino all’irrogazione della sanzione pecuniaria di cui al comma 4 bis dell’art. 31, facendo leva sul riferimento generico contenuto nell’art. 36 alla locuzione “fino all’irrogazione delle sanzioni amministrative”. Infatti, la situazione del proprietario, che lascia trascorrere inutilmente il termine per demolire, è quella del soggetto non più legittimato a presentare l’istanza di accertamento di conformità, avendo perduto ogni titolo di legittimazione rispetto al bene. Entro il termine di 90 giorni, il destinatario dell’ordinanza di demolizione può anche chiedere una sua proroga, qualora dimostri la sua concreta volontà di disporre la demolizione e sussistano ragioni oggettive che rendano impossibile il completamento della restitutio in integrum entro tale termine.

FASE 2

Una seconda fase si attiva decorso il termine di 90 giorni dalla notifica del provvedimento di demolizione agli interessati (o il diverso termine prorogato dall’Amministrazione su istanza di quest’ultimi) con un sopralluogo sull’immobile, che si conclude con l’accertamento positivo o negativo dell’esecuzione dell’ordinanza di ripristino.

Nel caso di accertamento positivo, l’autore dell’abuso mantiene la titolarità del suo diritto, non potendo l’Amministrazione emanare l’atto di acquisizione. L’ordinamento, dunque, incentiva l’autore dell’illecito a rimuovere le sue conseguenze materiali, con la prospettiva del mantenimento del suo diritto reale nel caso di tempestiva esecuzione dell’ordinanza di demolizione.

Nel caso di accertamento negativo, l’Amministrazione rileva che vi è stata l’acquisizione ex lege al patrimonio comunale (salvi i casi previsti dal comma 6) del bene come descritto nell’ordinanza di demolizione (ovvero come descritto nello stesso atto di acquisizione con l’indicazione dell’ulteriore superficie nel limite del decuplo di quella abusivamente costruita). Alla scadenza del termine di 90 giorni, l’Amministrazione è dunque ipso iure proprietaria del bene abusivo ed il responsabile non è più legittimato a proporre l’istanza di accertamento di conformità.

A seguito dell’entrata in vigore del comma 4-bis dell’art. 31, l’Amministrazione deve anche irrogare la sanzione amministrativa pecuniaria (anche con atto separato, qualora tale sanzione per una qualsiasi ragione non sia stata contestuale all’accertamento dell’inottemperanza).

Come ha evidenziato la Corte Costituzionale, l’ordine di demolizione e l’atto di acquisizione al patrimonio comunale costituiscono due distinte sanzioni, che rappresentano “la reazione dell’ordinamento al duplice illecito posto in essere da chi dapprima esegue un’opera abusiva e, poi, non adempie all’obbligo di demolirla” (sentenza n. 140 del 2018, § 3.5.1.1.; sentenza n. 427 del 1995; sentenza n. 345 del 1991). La sanzione disposta con l’ordinanza di demolizione ha natura riparatoria ed ha per oggetto le opere abusive, per cui l’individuazione del suo destinatario comporta l’accertamento di chi sia obbligato propter rem a demolire e prescinde da qualsiasi valutazione sulla imputabilità e sullo stato soggettivo (dolo, colpa) del titolare del bene. Invece, l’acquisizione gratuita, quale conseguenza dell’inottemperanza all’ordine di demolizione e della relativa omissione, ha natura afflittiva (così come la correlata sanzione pecuniaria).

In considerazione di tale natura afflittiva, ritiene l’Adunanza Plenaria che vada affermato in materia anche il principio per il quale deve esservi l’imputabilità dell’illecito omissivo della mancata ottemperanza. Pertanto, l’atto di acquisizione delle opere abusive al patrimonio comunale non può essere emesso quando risulti la non imputabilità - per una malattia completamente invalidante - della mancata ottemperanza da parte del destinatario dell’ordine di demolizione (salvi gli obblighi del suo eventuale rappresentante legale).

Per il principio della vicinanza alla fonte della prova, è specifico onere per il destinatario dell’ordine di demolizione – o, in ipotesi, del suo rappresentante legale - dedurre e comprovare la sussistenza di tale non imputabilità: l’Amministrazione, in assenza di comprovate deduzioni, deve emanare l’atto di acquisizione.

FASE 3

La terza fase – già disciplinata dal testo originario dell’art. 31 del d.P.R. n. 380 del 2001 e poi disciplinata anche dalla legge n. 164 del 2014, che ha ivi aggiunto i commi 4-bis, 4-ter e 4-quater - si apre con la notifica dell’accertamento dell’inottemperanza all’interessato e concerne l’immissione nel possesso del bene e la trascrizione dell’acquisto nei registri immobiliari. Quest’ultimo adempimento, che deve essere compiuto con sollecitudine, rappresenta un atto indispensabile al fine di rendere pubblico nei rapporti con i terzi l’avvenuto trasferimento del diritto di proprietà e consolidarne gli effetti, sicché ai sensi di quanto disposto dal comma 4 bis dell’art. 31 deve ritenersi che rappresenti un elemento di valutazione della performance individuale, nonché di responsabilità disciplinare e amministrativo-contabile del dirigente e del funzionario inadempiente, al pari della tardiva o mancata adozione della stessa sanzione che con l’atto di accertamento viene irrogata.

Con tale notifica, il bene si intende acquisito a titolo originario al patrimonio pubblico – con decorrenza dalla scadenza del termine fissato dall’art. 31, salva la proroga eventualmente disposta - e di conseguenza eventuali ipoteche, pesi e vincoli preesistenti vengono caducati unitamente al precedente diritto dominicale, senza che rilevi l'eventuale anteriorità della relativa trascrizione o iscrizione (cfr. Cons. St., Sez. VII, 8 marzo 2023, n. 2459).

L’accertamento della inottemperanza certifica il passaggio di proprietà del bene al patrimonio pubblico e costituisce il titolo per l'immissione nel possesso e per la trascrizione nei registri immobiliari, che deve essere eseguita gratuitamente. Ai sensi dell’art. 31 del d.P.R. n. 380 del 2001 già nel suo testo originario, l’acquisto ipso iure del bene abusivo da parte dell’Amministrazione comporta la novazione oggettiva dell’obbligo ricadente propter rem sull’autore dell’abuso e sui suoi aventi causa.

Infatti, l’obbligo di demolire il proprio manufatto entro il termine fissato dall’Amministrazione dopo la scadenza di tale termine viene meno (non potendo più il responsabile demolire un bene che non è più suo) ed è sostituito ex lege dall’obbligo di rimborsare all’Amministrazione tutte le spese che essa poi sostenga per demolire il bene abusivo.

Con l’entrata in vigore della legge n. 164 del 2014, l’art. 31 è stato integrato con i commi 4-bis, 4-ter e 4-quater. L’art. 31, comma 4-bis, dispone che: “L'autorità competente, constatata l'inottemperanza, irroga una sanzione amministrativa pecuniaria”. Esso ha dunque previsto una ulteriore sanzione di natura afflittiva, nel caso di inottemperanza all’ordinanza di demolizione: alla tradizionale previsione dell’acquisizione di diritto al patrimonio comunale del bene abusivo e della “area ulteriore”, la riforma del 2014 ha aggiunto la doverosa irrogazione di una sanzione amministrativa pecuniaria, che deve essere disposta senza indugio (col medesimo atto di accertamento dell’inottemperanza o con un atto integrativo autoritativo successivo). La ratio di tale ulteriore previsione si basa anch’essa sull’esigenza di salvaguardare i valori tutelati dagli articoli 9, 41, 42 e 117 della Costituzione. Poiché il responsabile dell’illecito ha cagionato un vulnus al paesaggio, all’ambiente ed all’ordinato assetto del territorio, in contraddizione con la funzione sociale della proprietà, il legislatore ha inteso sanzionarlo – oltre che con la perdita della proprietà - anche con una sanzione pecuniaria, qualora non abbia ottemperato all’ordinanza di demolizione.

In considerazione della scarsità delle risorse economiche di cui sono ordinariamente dotati i Comuni e della complessità delle procedure in base alle quali le Amministrazioni possono disporre la demolizione in danno e porre le spese a carico del responsabile, il legislatore ha inteso in questo modo stimolare il responsabile ad eliminare le conseguenze dell’illecito edilizio, con la previsione di una sanzione pecuniaria.

Sotto il profilo civilistico, l’acquisto ipso iure da parte del Comune comporta l’applicabilità dell’art. 2053 del codice civile, sulla responsabilità del proprietario nei confronti dei terzi per i danni derivanti dalla rovina dell’edificio, salva l’applicazione dell’articolo 2051 dello stesso codice, sulla responsabilità di chi continui a possedere l’edificio abusivo, fin quando l’Amministrazione si sia immessa nel possesso, in esecuzione dell’atto di accertamento dell’inottemperanza all’ordine di demolizione.

FASE 4

La quarta (ed eventuale) fase riguarda il “come” l’Amministrazione intenda gestire il bene ormai entrato nel patrimonio comunale. A seguito della perdita ipso iure del bene, pur se accertata successivamente, chi lo possiede ormai senza idoneo titolo giuridico non può né demolirlo, né modificarlo, ed è tenuto a corrispondere un importo all’Amministrazione proprietaria per la sua disponibilità che avviene sine titulo.

In alternativa alla demolizione del bene il Consiglio comunale può, ai sensi del secondo periodo del comma 5 dell’art. 31, deliberare il mantenimento in essere dell’immobile abusivo, che secondo l’insegnamento della Corte costituzionale (Corte cost., n. 140 del 2018) è una via del tutto eccezionale, che può essere percorsa per la presenza di prevalenti interessi pubblici e sempre che l'opera non contrasti con rilevanti interessi urbanistici, ambientali o di rispetto dell’assetto idrogeologico.

In assenza di tale motivata determinazione del Consiglio comunale, va senz’altro disposta, ai sensi del primo periodo del comma 5, la materiale demolizione del bene abusivo a spese del responsabile dell'abuso e dei suoi eventuali aventi causa, fermo restando che la demolizione non comporta il riacquisto dell’area di sedime, ormai definitivamente acquisita al patrimonio comunale.

Anche in tal caso, l’Amministrazione può consentire che la demolizione possa essere effettuata dal responsabile (o dal suo avente causa), il quale può averne uno specifico interesse, per contenerne le spese, che altrimenti sarebbero anticipate anche in misura superiore dall’Amministrazione, con rivalsa nei suoi confronti.

Salvo il caso eccezionale in cui l’Amministrazione ritenga di evitare la demolizione dell’immobile ormai entrato nel suo patrimonio per soddisfare interessi pubblici, l’esito finale ordinario dell’abuso edilizio è dunque costituito dalla demolizione del manufatto abusivo.

Il responsabile dell’illecito, il proprietario ed i suoi aventi causa hanno sempre il dovere di rimuoverne le conseguenze, sicché vanno distinte le seguenti fasi temporali:

a) fino a quando scade il termine fissato nell’ordinanza di demolizione, questi hanno il dovere di effettuare la demolizione, che, se viene posta in essere, evita il trasferimento della proprietà al patrimonio pubblico;

b) qualora il termine per demolire scada infruttuosamente, i destinatari dell’ordinanza di demolizione commettono un secondo illecito di natura omissiva, che comporta, da un lato, la perdita ipso iure della proprietà del bene con la conseguente e connessa irrogazione della sanzione pecuniaria e, dall’altro, la novazione oggettiva dell’obbligo propter rem, perché all’obbligo di demolire il bene si sostituisce l’obbligo di rimborsare l’Amministrazione, per le spese da essa anticipate per demolire le opere abusive entrate nel suo patrimonio, risultanti contra ius (qualora essa non abbia inteso eccezionalmente utilizzare il bene ai sensi dell’art. 31, comma 5, del d.P.R.n. 380 del 2001);

c) decorso il termine per demolire, qualora l’Amministrazione non decida di conservare il bene, resta la possibilità di un’ulteriore interlocuzione con il privato per un adempimento tardivo dell’ordine di demolire, che non comporta il sorgere di un diritto di quest’ultimo alla “retrocessione” del bene, né fa venire meno la sanzione pecuniaria irrogata, ma può evitargli, da un lato, la perdita dell’ulteriore proprietà sino a dieci volte la complessiva superficie utile abusivamente costruita se non è già stata individuata in sede di ordinanza di demolizione, nonché gli eventuali maggiori costi derivanti dalla demolizione in danno. Il proprietario non ha dunque alcun diritto a porre in essere la demolizione dopo la scadenza del termine dei 90 giorni, spettando alla discrezionalità dell’Amministrazione di valutare se coinvolgerlo ulteriormente nella demolizione.

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Alla luce delle predette fasi che contraddistinguono l’esercizio del potere della P.A. in relazione alle attività di vigilanza e repressione degli abusi edilizi, l’Adunanza Plenaria ha enunciato i seguenti principi di diritto:

a)   la mancata ottemperanza all’ordine di demolizione entro il termine da esso fissato comporta la perduranza di una situazione contra ius e costituisce un illecito amministrativo omissivo propter rem, distinto dal precedente “primo” illecito – avente anche rilevanza penale - commesso con la realizzazione delle opere abusive;

b)   la mancata ottemperanza – anche da parte del nudo proprietario - alla ordinanza di demolizione entro il termine previsto dall’art. 31, comma 3, del d.P.R. n. 380 del 2001, impone l’emanazione dell’atto di acquisizione del bene al patrimonio comunale, tranne il caso in cui sia stata formulata l’istanza prevista dall’art. 36 del medesimo d.P.R. o sia stata dedotta e comprovata la non imputabilità dell’inottemperanza;

c)    l’atto di acquisizione del bene al patrimonio comunale, emesso ai sensi dell’art. 31, comma 3, del d.P.R. n. 380 del 2001, ha natura dichiarativa e comporta – in base alle regole dell’obbligo propter rem - l’acquisto ipso iure del bene identificato nell’ordinanza di demolizione alla scadenza del termine di 90 giorni fissato con l’ordinanza di demolizione. Qualora per la prima volta sia con esso identificata l’area ulteriore acquisita, in aggiunta al manufatto abusivo, l’ordinanza ha natura parzialmente costitutiva in relazione solo a quest’ultima (comportando una fattispecie a formazione progressiva);

d)   l’inottemperanza all’ordinanza di demolizione comporta la novazione oggettiva dell’obbligo del responsabile o del suo avente causa di ripristinare la legalità violata, poiché, a seguito dell’acquisto del bene da parte dell’Amministrazione, egli non può più demolire il manufatto abusivo e deve rimborsare all’Amministrazione le spese da essa sostenute per effettuare la demolizione d’ufficio, salva la possibilità che essa consenta anche in seguito che la demolizione venga posta in essere dal privato;

e)   la sanzione pecuniaria prevista dall’art. 31, comma 4-bis, del d.P.R. n. 380 del 2001 non può essere irrogata nei confronti di chi – prima dell’entrata in vigore della legge n. 164 del 2014 – abbia già fatto decorrere inutilmente il termine di 90 giorni e sia risultato inottemperante all’ordine di demolizione, pur se tale inottemperanza sia stata accertata dopo la sua entrata in vigore.