A cura dell'avv. Giuseppe Perillo
Il decreto in materia di
lavoro n. 48/2023, pubblicato il 4 maggio in Gazzetta Ufficiale, convertito con modificazioni dalla L. 3 luglio 2023, n. 85 (in G.U. 03/07/2023, n. 153), ha apportato significative modifiche alle sanzioni per omessi
versamenti delle ritenute previdenziali inferiori a 10.000 euro. Questa
modifica era stata precedentemente richiesta dall'ex presidente del Consiglio
Nazionale dell’Ordine dei Consulenti del Lavoro, Marina Calderone, in una
lettera al Ministro del Lavoro Orlando circa un anno fa, senza tuttavia che a
ciò corrispondesse alcuna novità legislativa.
Dunque, l'art. 3, comma 6,
del D.Lgs 15 gennaio 2016, n. 8, che prevedeva multe tra 10.000 e 50.000 euro
per omessi o errati versamenti fino a 10.000 euro, è stato oggetto di modifica.
L'INPS, attraverso la
circolare n. 12/2016, aveva stabilito una misura minima di 16.666 Euro per tali
sanzioni, spesso sproporzionate rispetto al valore economico della violazione.
Emblematico il caso di un giudizio sottoposto dal Tribunale di Verbania al
sindacato di legittimità in Corte Costituzionale, in cui ad un omesso
versamento di circa 190 Euro, corrispondeva l’ingiunzione di versamento di una sanzione
comminata dall’INPS pari a circa 17.000 Euro.
Il decreto n. 48/2023,
intervenendo sulla legislazione vigente, ha ridefinito le sanzioni
amministrative in modo più equo, prevedendo importi che variano da una volta e
mezza a quattro volte l'importo omesso.
Inoltre, per le violazioni a
partire dal 1° gennaio 2023, gli estremi devono essere notificati entro il 31
dicembre del secondo anno successivo all'annualità in cui si verifica la
violazione, in deroga al regime ordinario previsto dall’art. 14 della L. n.
689/1981.
In vero, prima dell’entrata
in vigore del Decreto-legge n. 48/2023 gli estremi della
violazione potevano essere notificati ai residenti del territorio italiano
entro il termine di 90 giorni dall’accertamento e a quelli residenti all’estero
entro il termine di 360 giorni decorrenti dell’accertamento. La nuova
disposizione, invece, prevede che gli estremi della violazione debbano
essere notificati entro il 31 dicembre del secondo anno
successivo a quello del mancato adempimento.
Nel rispetto del principio
della legge più mite, sancito dalla Corte costituzionale (Sentenza 63 del 2019)
la nuova legge si applica anche per il passato. “Se la sanzione è già stata
irrogata con provvedimento definitivo il debito residuo si estingue, ma non è
ammessa ripetizione di quanto pagato” (articolo 3, comma 2, del D. Lgs. n.
472/1997, titolato “principio di legalità”). Al riguardo, è importante quanto
affermato nella relazione governativa al D. çgs 472/1997, nella parte in cui,
illustrando il principio del favor rei, si legge che «nel caso di
violazione non più sanzionata, il provvedimento, ancorché definitivo, non
costituisce titolo per la riscossione delle somme non ancora pagate».
L'INPS, conseguentemente, attraverso
il messaggio interno n. 1931/2023, ha chiarito le modalità di gestione delle
ordinanze-ingiunzione attualmente oggetto di contenzioso o di rateazione in
base alla legge n. 689/1981:
1)
La retroattività è stata confermata,
consentendo la rideterminazione degli importi sanzionatori secondo la nuova
disciplina, mantenendo valide le notifiche di accertamento già inviate.
2)
Per i casi di contenzioso giudiziario, il
legale dell'istituto comunicherà la rideterminazione dell'importo e la
possibilità di versamenti ridotti a metà della sanzione per violazioni fino al
2015. Il pagamento dovrà avvenire entro 60 giorni dall'udienza in cui verrà
comunicato o consegnato il nuovo provvedimento di rideterminazione della
sanzione. Se i versamenti rateali già effettuati corrispondono all'importo
rideterminato della sanzione, nulla sarà dovuto in più.
In ultimo, ma non da ultimo,
va ricordato che, l’omissione del versamento di ritenute contributive superiori
a 10.000 Euro resta qualificato dall’ordinamento come ipotesi speciale del
reato di appropriazione indebita, punito con la reclusione fino a 3 anni e
la multa fino a 1.032 Euro.
Ciò in quanto il datore di
lavoro, che omette di versare le ritenute previdenziali, si “appropria” di
somme del dipendente, delle quali aveva in realtà una semplice disponibilità
provvisoria.
Tale condotta, in relazione
ad omesse contribuzioni di importi inferiori a 10.000 Euro, era già stata
depenalizzata dal D.lgs. n.
8/2016 art. 3, venendo sostituita dalle descritte sanzioni
civili.
In ogni caso, il datore di lavoro
non è punibile né assoggettabile alla sanzione amministrativa, quando provvede
al versamento delle ritenute entro tre mesi dalla contestazione o dalla notifica
dell'avvenuto accertamento della violazione.