A cura dell'avv. Paolo La Manna
L’Indicatore Sintetico di Costo (ISC), conosciuto anche come Tasso Annuo
Effettivo Globale (TAEG) è l’indicatore di tasso di interesse di un’operazione di finanziamento (es.
erogazione di credito)
come ad esempio un mutuo, o un prestito finalizzato all’acquisto rateale di
beni o servizi. È espresso in misura percentuale ed è stato introdotto dalla
direttiva europea 90/88/CEE.
Esso rappresenta il costo effettivo dell’operazione espresso in termini percentuali
che il cliente deve alla società che ha erogato il prestito o il finanziamento.
Ill TAEG, dunque, racchiude contemporaneamente sia il tasso d’interesse sia le
spese accessorie della pratica (spese d’istruttoria, imposte di bollo, ecc.).
All’interno del nostro ordinamento tale indice di misurazione è stato introdotto dalla deliberazione del CICR del 4 marzo 2003, che ha demandato alla Banca d’Italia il compito di individuare “le operazioni e i servizi per i quali … gli intermediari sono obbligati a rendere noto un “Indicatore Sintetico di Costo” (ISC) comprensivo degli interessi e degli oneri che concorrono a determinare il costo effettivo dell’operazione per il cliente, secondo la formula stabilita dalla Banca d’Italia”.
Tale indice è finalizzato a porre il cliente nella posizione di conoscere
il costo totale effettivo del finanziamento prima di accedervi, rendendolo
pienamente edotto dell’effettiva onerosità dell’operazione.
Proprio perché svolge una mera funzione di pubblicità e trasparenza, l’ISC non costituisce un tasso di interesse, un prezzo o una condizione economica direttamente applicabile al contratto; non rientra, difatti, nelle nozioni di “tassi, prezzi e condizioni” cui esclusivamente fa riferimento l’art. 117, comma 6, TUB.
Recentemente, con ordinanza n. 4597 del 14 febbraio 2023, la prima sezione civile della Corte di Cassazione, intervenendo in tema di mutuo bancario, è ritornata sulla questione, peraltro già affrontata da numerosi provvedimenti di merito, indicando, in sede di legittimità, quali conseguenze giuridiche derivano dalla omessa o inesatta indicazione dell’ISC.
La Corte di Cassazione ha osservato che la sanzione della nullità per la mancata o non corretta indicazione dell’ISC/TAEG è prevista esclusivamente per il caso del credito al consumo, nell’ambito della cui disciplina l’art. 125-bis, comma 6, TUB, prevede che “sono nulle le clausole del contratto relative a costi a carico del consumatore che, contrariamente a quanto previsto ai sensi dell’articolo 121, comma 1, lettera e), non sono stati inclusi o sono stati inclusi in modo non corretto nel TAEG pubblicizzato nella documentazione predisposta secondo quanto previsto dall’articolo 124. La nullità della clausola non comporta la nullità del contratto”.
Ne deriva che:
Tali principi di diritto, naturalmente, in caso di contenzioso, implicano rilevanti ricadute in termini di eventuale ricalcolo, a norma di legge, degli interessi dovuti all’istituto di credito, anche in relazione alla peculiare tipologia di rapporto contrattuale intercorso.
Inoltre, la Corte, con il medesimo provvedimento, ha ribadito il principio di diritto già espresso (si confronti Cass. n. 26286/2019; Conf. 41284/2021) secondo cui la clausola di salvaguardia, che ha la finalità di assicurare che gli interessi non oltrepassino mai la soglia dell’usura cd. “oggettiva”, “non presenta profili di contrarietà a norme imperative, essendo, al contrario, volta ad assicurare l'effettiva applicazione del precetto d'ordine pubblico che fa divieto di pattuire interessi usurari, né ha carattere elusivo”.
Ciò in ragione del fatto che il divieto di praticare interessi usurari costituisce un principio d’ordine pubblico che governa la materia e la clausola di salvaguardia assicura l'effettiva applicazione di tale precetto.