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La paga oraria di 4 Euro viola il diritto del lavoratore ad un'esistenza libera e dignitosa per sè e per la propria famiglia (art. 36 Cost.)

07/04/2023


A cura dell'avv. Paolo La Manna

La paga oraria di 4 Euro viola il principio di proporzionalità della retribuzione alla qualità ed alla quantità dell’opera prestata e lede diritto del lavoratore ad un'esistenza libera e dignitosa per sé e per la propria famiglia, così come previsto e stabilito inderogabilmente dall’art. 36 della Costituzione, con cui si pone in palese ed evidente contrasto.

Lo ha deciso il giudice del lavoro del Tribunale di Milano, stabilendo che la paga oraria di esatti Euro 3,96, costringeva una lavoratrice a vivere sotto la soglia di povertà – stimata dall’Istat, per l’anno 2021, in 852 Euro mensili per un solo componente familiare, suscettibile di aumento in caso di famiglia con figli – violando l’art. 36 della Carta, ove è stabilito che "il lavoratore ha diritto a una retribuzione proporzionata alla quantità e alla qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un'esistenza libera e dignitosa".

La donna prestava servizio in favore di una importante e primaria società di vigilanza privata ed era impiegata nel servizio di portierato in un magazzino della grande distribuzione, potendo permettersi di vivere, peraltro, solo in un luogo distante da quello in cui lavorava.

Il Tribunale di Milano, quindi, ha condannato la società datoriale al pagamento di 372 Euro lordi in più per ogni mese di lavoro svolto, e quindi di 6.700 Euro complessivi in favore della lavoratrice.

Tale pronuncia, in vero, non è la prima. Difatti, per una vicenda pressoché analoga, il Tribunale di Milano aveva già condannato un’altra società che aveva versato la paga oraria di soli 4,40 Euro, in favore di un addetto alla vigilanza alle dipendenze di una azienda appaltatrice che eseguiva il servizio in favore di un istituto bancario multinazionale estero avente anche sede a Torino, ove il lavoratore era effettivamente addetto.

Questi casi, tuttavia, sono tutt’altro che isolati e, ad oggi, per analoghi illeciti, pendono circa 30 giudizi innanzi al Tribunale di Padova, relativi alle rivendicazioni di lavoratori che, per portare a casa uno stipendio minimamente dignitoso, sono costretti a fare continui straordinari con un orario di lavoro che supera anche le 12 ore quotidiane

Occorre evidenziare, sotto il piano più squisitamente giuridico, che la vicenda de quo, trae fondamento giuridico nel diritto costituzionale vivente, in cui l’art. 36 della Costituzione, ha assunto il valore di norma precettiva, prima per opera della dottrina e poi della giurisprudenza, di legittimità e costituzionale (Cfr. Cass., n. 461/1952; Corte cost., n. 30/1960.): esso attribuisce al lavoratore un diritto soggettivo perfetto alla giusta retribuzione.

L’art. 36 Cost., dunque, è stato considerato norma direttamente applicabile nei rapporti individuali quale precetto inderogabile, oggetto, nel tempo, di molteplici interventi di natura giurisprudenziale.

Al pari della normativa nazionale, anche i Trattati europei, seppur con evidenti criticità di efficacia, riconoscono, inoltre, come l’Unione Europea promuova la libera circolazione dei lavoratori (artt. 45 – 48 TFUE) e l’equità di trattamento tra uomini e donne in materia di occupazione ed impiego (art. 157 TFUE), avendo come obiettivo il riavvicinamento delle politiche nazionali per promuovere l’occupazione (artt. 114 – 117 e art. 148 TFUE), nonché “il miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro, che consenta la loro parificazione nel progresso, una protezione sociale adeguata, il dialogo sociale, lo sviluppo delle risorse umane atto a consentire un livello occupazionale elevato e duraturo e la lotta contro l’emarginazione” (art. 151 TFUE).

Oltre a queste previsioni di carattere generale, difatti, nel corso del tempo, le istituzioni europee sono intervenute per regolare aspetti specifici nell’ambito dei rapporti di lavoro, creando un quadro estremamente complesso e stratificato, in cui strumenti “with teeth”, vincolanti, come le direttive, si affiancano ad interventi non-legally binding, un messaggio politico che l’UE invia agli Stati membri.

È il caro della Raccomandazione che, nel 2017, ha posto le basi per il c.d. pilastro dei diritti sociali, un insieme di principi finalizzati a guidare le politiche europee e nazionali inerenti a lavoro, occupazione, assistenza e previdenza sociale, disponendo, in ordine alle questioni retributive che:

(a) I lavoratori hanno diritto a una retribuzione equa che offra un tenore di vita dignitoso.

(b) Sono garantite retribuzioni minime adeguate, che soddisfino i bisogni del lavoratore e della sua famiglia in funzione delle condizioni economiche e sociali nazionali, salvaguardando nel contempo l’accesso al lavoro e gli incentivi alla ricerca di lavoro. La povertà lavorativa va prevenuta.

(c) Le retribuzioni sono fissate in maniera trasparente e prevedibile, conformemente alle prassi nazionali e nel rispetto dell’autonomia delle parti sociali.

 

Si tratta però di uno strumento, come già anticipato, con un’efficacia molto limitata. Le raccomandazioni, infatti, ai sensi degli artt. 288 e 293 TFUE, infatti, non hanno efficacia vincolante e traducono essenzialmente un messaggio politico, senza obbligare in alcun modo gli Stati dell’Unione ad implementare le relative previsioni.

 

Pertanto, al di là del quadro normativo delineato in via sintetica, non deve trascurarsi, peraltro, un elemento di natura sociale ed economica, in cui il diritto trova fondamento.

A fronte di talora possibili e concrete rivendicazioni strumentali e speculative da parte dei lavoratori – e non è questo il caso – esistono anche interi settori dell’economia legale e dei servizi che in violazione o elusione dei doveri previsti dalle clausole sociali, acconsentono a che siano tollerati simili condotte lesive dei principi costituzionali posti ad inderogabile presidio della proporzionalità del compenso di ogni lavoratore e del diritto ad un’esistenza libera e dignitosa.

Occorrerà, pertanto, nell’equilibrio tra diritti e doveri nel mondo del lavoro, un rinnovato impegno dell’imprenditoria e dei lavoratori, al fine di tenere ben presente quanto stabilito dalla nostra Carta costituzionale, anche alla luce delle interpretazioni giurisprudenziali, in relazione alle quali, la recente sentenza pone un punto fermo di rilevanza primaria.