A cura dell'avv. Paolo La Manna
Così si è
pronunciata recentemente la Corte Suprema di Cassazione con l’Ordinanza n. 852
del 13 gennaio 2023.
Il caso trae
origine dalla pronunciata separazione personale di due coniugi, uno dei quali,
il marito, proprietario di una casa estiva a Sorrento (NA), ove erano soliti
trascorrere insieme le vacanze.
Nel corso
del procedimento di separazione, il Tribunale determinava l’obbligo, a carico
del marito, di corrispondere alla moglie l’importo di Euro 800,00 in suo favore
ed un contributo per il mantenimento del figlio pari ad Euro 1.600,00.
In appello,
la Corte stabiliva l’obbligo, a carico del marito, di versare un ulteriore
assegno di mantenimento pari ad Euro 300,00 mensili in favore della moglie, al
fine di consentirle di salvaguardare il tenore di vita goduto in costanza di
matrimonio e, segnatamente, “per compensare la perdita della possibilità di
soggiornare nel periodo estivo presso un immobile a Sorrento di proprietà
esclusiva dell'uomo”.
Il marito proponeva
ricorso in Cassazione, lamentando, tra i vari motivi, la violazione e falsa
applicazione dell’art. 156 c.c., per aver la Corte di merito, nel riconoscere
alla moglie un assegno di mantenimento al fine di sopperire alla perdita della
possibilità di soggiornare a Sorrento nel periodo estivo, aveva ritenuto che
ogni singola condizione del precedente stile di vita dovesse essere mantenuta e
garantita, addirittura matematicamente.
Sosteneva il
marito, invece, che l’assegno di mantenimento non serve a compensare pro quota una mancata disponibilità o
una specifica esigenza, ma ad impedire, tendenzialmente, lo scivolamento verso
contesti socio-economico deteriori rispetto a quello di cui il coniuge godeva
in costanza di matrimonio.
La Corte di
Cassazione accoglieva il motivo di ricorso, cogliendo l’occasione per
evidenziare quanto segue:
“Poiché la separazione personale
presuppone la permanenza del vincolo coniugale, i "redditi adeguati"
a cui va rapportato, ai sensi dell’art. 156 c.c., comma 1, l'assegno di
mantenimento a favore del coniuge sono quelli necessari a mantenere il tenore
di vita goduto in costanza di matrimonio, essendo ancora attuale il dovere di
assistenza materiale, che non presenta alcuna incompatibilità con tale
situazione temporanea (Cass. 12196/2017). Pertanto, condizioni per il sorgere
del diritto al mantenimento in favore del coniuge cui non sia addebitabile la
separazione sono la non titolarità di adeguati redditi propri, ossia di redditi
che gli permettano di mantenere un tenore di vita analogo a quello goduto in costanza
di matrimonio, e la sussistenza di una disparità economica tra le parti,
occorrendo avere riguardo, al fine della valutazione dell’adeguatezza dei
redditi del coniuge che chiede l'assegno, al parametro di riferimento
costituito dalle potenzialità economiche complessive dei coniugi durante il
matrimonio, quale elemento condizionante la qualità delle esigenze e l'entità
delle aspettative del medesimo richiedente. Nell’ambito dello svolgimento di un simile accertamento è necessario,
tuttavia, non confondere il tenore di vita con la fruizione diretta di
particolari beni.
È indubbiamente vero che la separazione
può determinare (e normalmente determina) la cessazione di una serie di
benefici e di consuetudini di vita, strettamente collegati alla posizione patrimoniale,
reddituale, professionale e sociale dell'uno o dell'altro coniuge, che non sono
riproducibili durante la separazione, cosicché il venir meno della possibilità di godere di singoli beni appartenenti
a uno dei coniugi costituisce la fisiologica conseguenza della scelta di questi
ultimi di dividere le loro sorti.
Ciò nonostante, il riconoscimento di un
assegno di mantenimento deve avvenire considerando, piuttosto che la cessazione
del godimento diretto di particolari beni, il generale tenore di vita goduto in
costanza della convivenza, da identificarsi avendo riguardo allo standard di
vita reso oggettivamente possibile dal complesso delle risorse economiche dei
coniugi e tenendo conto, quindi, di tutte le potenzialità derivanti dalla
titolarità del patrimonio in termini di redditività, di capacità di spesa, di
garanzie di elevato benessere e di fondate aspettative per il futuro (cfr. Cass.
20638/2004, Cass. 5061/2006).
L'errore della Corte territoriale
consiste perciò nell'aver fatto riferimento, ai fini della spettanza e della
quantificazione dell'assegno, a un concetto di stile di vita ancorato alla
cessazione della concreta fruizione di uno specifico bene (l’appartamento in Sorrento
appartenente al marito), come se l'assegno di mantenimento dovesse indennizzare
il venir meno di una simile disponibilità, omettendo invece di considerare,
come una corretta lettura dell'art. 156 c.c. imponeva, tutte le potenzialità
derivanti dalla complessiva situazione patrimoniale dei coniugi, nei termini
appena descritti, al fine di verificare poi la necessità di garantire alla
richiedente, ove consentito dalle capacità economiche dell'altro coniuge, la
continuazione del complessivo standard di vita mantenuto in precedenza”.
Dunque, l’addio alle estati a Sorrento, trascorse in costanza di matrimonio presso l’immobile di proprietà dell’ex marito, non giustifica, di per sé, la corresponsione di un maggiore e più alto assegno di mantenimento, che sia compensativo di quella determinata e specifica utilità goduta e poi perduta.