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Il diritto di accesso ai dati di videosorveglianza pubblica e privata. Tutela della privacy ed obblighi della P.A.

09/01/2023


A cura dell'Avv. Giuseppe Perillo


L’esperienza e la prassi quotidiana del diritto vivente evidenziano la crescente rilevanza ed indubbia utilità delle riprese effettuate da dispositivi di videosorveglianza. Basti pensare, a titolo esemplificativo, al processo di ricostruzione, per fini probatori, dell’esatta dinamica di sinistri automobilistici stradali.

  

Tuttavia, per converso, la sorveglianza sistematica e automatizzata di uno spazio specifico con mezzi ottici o audiovisivi comporta il trattamento su vasta scala di dati personali mediante non solo la raccolta, la registrazione, l’organizzazione e la conservazione dei medesimi, ma anche la loro l’elaborazione, modificazione, selezione, l’estrazione, il raffronto, utilizzo e diffusione dei medesimi.

 

Da ciò discende quale conseguenza immediata e diretta il rischio potenziale di un uso improprio dei dati personali in tal modo acquisiti, per bilanciare il quale il legislatore comunitario nell’ approvare il Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 aprile 2016, relativo alla protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nell’ottica di un bilanciamento dei contrapposti interessi, ha prescritto:

  • l’esecuzione di una valutazione d’impatto sulla protezione dei dati in caso di sorveglianza sistematica su vasta scala di un’area accessibile al pubblico, (art. 35, paragrafo 3, lettera c).
  • La designazione, a cura del responsabile del trattamento di un responsabile della protezione dei dati se la tipologia di trattamento, per sua natura, richiede il monitoraggio regolare e sistematico degli interessati (articolo 37, paragrafo 1, lettera b).
  • Un provvedimento del Garante che rilasci una specifica autorizzazione al trattamento, in luogo del consenso dell'interessato, qualora sia necessario per perseguire un interesse legittimo del titolare (art. 24, co. 1, lett. g).

La crescente diffusione degli impianti di videosorveglianza investe sia quelli pubblici installati in genere dai comuni per finalità di sicurezza urbana sia quelli privati in genere collocati per esigenze di tutela della proprietà.

 

Il trattamento dei dati personali deve  svolgersi, in ogni caso, nel pieno rispetto dei principi di liceità, finalità, necessità e proporzionalità, sanciti dal Codice e perciò gli impianti di videosorveglianza sono configurati in modo da raccogliere esclusivamente i dati strettamente necessari per il raggiungimento delle finalità perseguite, registrando le sole immagini indispensabili, limitando l’angolo visuale delle riprese ed evitando, quando non indispensabili, immagini dettagliate, ingrandite o con particolari non rilevanti.

 

In genere, il Comune è titolare del trattamento dei dati personali acquisiti mediante l’utilizzo degli impianti di videosorveglianza pubblici. A tal fine il Comune è rappresentato dal Sindaco, a cui compete ogni decisione circa le modalità del trattamento, ivi compreso il profilo della sicurezza.

 

Il primo cittadino definisce le linee organizzative per l’applicazione della normativa di settore, effettua le notificazioni al Garante per la protezione dei dati personali; nomina i responsabili della gestione tecnica degli impianti di videosorveglianza ed i responsabili del trattamento dei dati personali acquisiti mediante l’utilizzo degli impianti di videosorveglianza, impartendo istruzioni ed assegnando compiti e responsabilità; detta le linee guida di carattere fisico, logico ed organizzativo per la sicurezza del trattamento dei dati personali acquisiti mediante l’utilizzo degli impianti di video-sorveglianza; vigila sulla puntuale osservanza delle disposizioni.

 

Il regolamento comunale garantisce che il trattamento dei dati personali acquisiti mediante l’utilizzo degli impianti di videosorveglianza gestiti dal Comune e collegati alle centrali di controllo ubicate presso le sedi del Comando di Polizia locale, della Questura e del Comando provinciale dei Carabinieri si svolga nel rispetto dei diritti, delle libertà fondamentali e della dignità delle persone fisiche, con particolare riferimento alla riservatezza e all’identità personale. Garantisce al contempo il rispetto dei diritti delle persone giuridiche e di ogni altro ente o associazione coinvolti nel trattamento.

 

L’utilizzo degli impianti di videosorveglianza comporta esclusivamente il trattamento di dati personali rilevati mediante le riprese video che, in relazione ai luoghi di installazione delle telecamere, interessano i soggetti ed i mezzi di trasporto che transitano nell’area interessata.

 

Ciò premesso, sulla scorta di siffatto mutato quadro normativo, i Comuni hanno avuto la necessità di rivedere la propria regolamentazione per il corretto e legittimo utilizzo degli impianti di videosorveglianza per finalità di sicurezza urbana nel rispetto delle disposizioni di cui al decreto-legge 20 febbraio 2017, n. 14 convertito con la legge 18 aprile 2017, n. 48, recante “Disposizioni urgenti in materia di sicurezza delle città”.

 

Viene, difatti, prevista la necessità per i comuni di regolamentare:

  •          il periodo limite di conservazione dei dati, che ai sensi della normativa sulla privacy deve essere circoscritto allo stretto necessario e comunque, di regola, non può superare una settimana (salve acquisizioni speciali disposte dalla magistratura e dalla polizia giudiziaria);
  •         la predisposizione ed adeguata pubblicazione di un’informativa privacy pubblicata sul sito dell’Ente, recante modalità di utilizzo e collocazione degli impianti di videosorveglianza, adempimenti, garanzie e le tutele per il legittimo e pertinente trattamento dei dati personali acquisiti mediante l’utilizzo degli impianti di videosorveglianza attivati nel territorio del Comune;
  •       previsione dal responsabile della gestione tecnica degli impianti di videosorveglianza confluiscono in una “banca dati”, il complesso di dati personali acquisiti mediante l’utilizzo degli impianti di videosorveglianza.
  •     Le finalità di utilizzo degli impianti di videosorveglianza non possono che essere conformi alle funzioni istituzionali demandate al Comune, dalla legge 7 marzo 1986, n. 65 sull’ordinamento della Polizia municipale, dalla legge regionale, dallo statuto e dai regolamenti comunali, nonché dalle altre disposizioni normative applicabili al Comune. Il trattamento dei dati personali si svolge nel pieno rispetto dei principi di liceità, finalità, necessità e proporzionalità, sanciti dal Codice. In attuazione dei principi di liceità e finalità, il trattamento dei dati personali acquisiti mediante l’utilizzo degli impianti di videosorveglianza è effettuato dal Comune esclusivamente per lo svolgimento delle funzioni istituzionali. In attuazione del principio di necessità, gli impianti di videosorveglianza ed i programmi informatici sono configurati riducendo al minimo l’utilizzazione di dati personali e di dati identificativi, in modo da escluderne il trattamento quando le finalità perseguite nei singoli casi possono essere raggiunte mediante dati anonimi od opportune modalità che permettano di identificare l’interessato solo in caso di necessità.
  •     L’utilizzo degli impianti di videosorveglianza deve essere finalizzato a: prevenire e reprimere atti delittuosi, attività illecite ed episodi di microcriminalità commessi sul territorio comunale, al fine di garantire maggiore sicurezza ai cittadini nell’ambito del più ampio concetto di “sicurezza urbana” di cui al decreto del Ministro dell’Interno 5 agosto 2008 e al decreto-legge 20 febbraio 2017, n. 14° oltre che prevenire e reprimere fenomeni di degrado urbano e svolgere controlli volti ad accertare e sanzionare violazioni delle norme in materia ambientale e delle disposizioni del regolamento per la gestione integrata dei rifiuti urbani, ma anche a vigilare sull’integrità, sulla conservazione e sulla tutela del patrimonio pubblico e privato, dell’ordine, del decoro e della quiete pubblica, a controllare determinate aree del territorio comunale a  monitorare i flussi di traffico;
  •          Gli impianti di videosorveglianza non possono essere utilizzati per l’irrogazione di sanzioni per infrazioni al codice della strada, ma esclusivamente per l’eventuale invio da parte delle centrali operative di personale con qualifica di organo di polizia stradale per le contestazioni ai sensi del codice della strada.
  •          Gli impianti di videosorveglianza consentono riprese video a colori in condizioni di sufficiente illuminazione naturale o artificiale, in bianco e nero in caso contrario.
  •       Non sono effettuate riprese di dettaglio dei tratti somatici delle persone, che non siano funzionali al soddisfacimento delle finalità previste dal regolamento.

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La questione dell'accesso ai filmati degli impianti di videosorveglianza comunale interferisce concretamente con una serie di diritti anche sul corretto trattamento dei dati personali di tutti i soggetti coinvolti nelle riprese e per questo motivo i comuni in genere disciplinano il diritto d'accesso documentale nel proprio regolamento, evidenziando una serie di condizioni necessarie a bilanciare i contrapposti interessi.

Così delineata la cornice di garanzie del cittadino rispetto al potere sempre più penetrante dell’ente locale di collocare impianti di videosorveglianza ed i limiti di esercizio della predetta potestà amministrativa, cosa accade, ad esempio, allorquando un sinistro che coinvolga automobili o pedoni sia ripreso da dispositivi di videosorveglianza pubblici?

 

Sussiste e non può essere negato il diritto di accesso al fine di ottenere copia di eventuali filmati catturati dagli impianti di videosorveglianza comunale per valutare nelle sedi opportune tutte le responsabilità dei soggetti coinvolti. E il regolamento comunale o il contrario parere di un controinteressato non possono, certo, limitare l'esercizio di questa opportunità difensiva che in ogni caso dovrà avvenire nel pieno rispetto della tutela della riservatezza di tutti i soggetti coinvolti.

 

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IL CASO

Tanto è stato evidenziato anche dal Tar Puglia, sez. II, Lecce, con la sentenza n. 1579 del 2 novembre 2021. Nel caso esaminato dal collegio un utente stradale coinvolto in un sinistro ha richiesto l’accesso ai filmati dell'evento ma l'amministrazione ha rilasciato solo copia del rapporto di incidente stradale senza rilasciare all’automobilista il video integrale dell'incidente stante il rifiuto dell'altro soggetto coinvolto e il contrario tenore del regolamento comunale. A parere del Tribunale amministrativo questo comportamento non è legittimo perché il diritto d'accesso riconosciuto dalla legge n. 241/1990 è prevalente rispetto alle indicazioni fornite dall’amministrazione comunale.

In buona sostanza, non occorre che sia già stata attivata una controversia giurisdizionale autonoma per esercitare l'accesso qualificato ai filmati catturati dai Comuni sulle strade per finalità di sicurezza urbana. Secondo il collegio, non basta che il Comando di Polizia Locale fornisca all'interessato un rapporto ovvero una valutazione soggettiva della dinamica del sinistro.

Occorre rilasciare all'interessato il filmato anche se il regolamento comunale non è allineato e l'altro automobilista non è d'accordo. Resta però sul tappeto la regolamentazione sovranazionale sul trattamento dei dati personali. Quindi il filmato andrà rilasciato senza interferire con la riservatezza dei soggetti ripresi. E in ogni caso prestando particolare attenzione al corretto trattamento dei dati personali.

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Cosa accade se un comune omette di conservare i dati richiesti dal cittadino coinvolto in un sinistro?

 

IL CASO

I sistemi di videosorveglianza urbana tipicamente possono conservare le immagini catturate sulle strade solo per una settimana. Per questo motivo chi ha necessità di visionare i filmati dovrà esercitare tempestivamente il proprio diritto d’accesso documentale. E ad una precisa richiesta qualificata dell’utente il Comune dovrà poi replicare in maniera adeguata evitando di introdurre limitazioni arbitrarie. Lo ha evidenziato il TAR Lombardia, sez. staccata di Brescia II, con la sentenza non definitiva n. 974 del 20 ottobre 2022. Un utente stradale incorso in un sinistro senza feriti ha richiesto nell’immediatezza al Comune di verificare la dinamica dell’incidente attraverso il sistema di videosorveglianza. A causa del silenzio dell’amministrazione locale l’interessato, a distanza di alcuni mesi, ha formalizzato una richiesta di accesso documentale ma il Comune ha replicato che la richiesta di esportazione dei filmanti era tardiva e che le immagini dopo pochi giorni vengono cancellate, se non adeguatamente esportate. Inoltre, a seguito di specifiche indicazioni interne agli uffici di polizia locale, le immagini non vengono rilasciate in caso di incidenti senza feriti.

A parere del Collegio «il diritto d’accesso, ai sensi dell’art. 22, comma 6, l. n. 241/1990 è esercitabile fino a quando la pubblica amministrazione ha l’obbligo di detenere i documenti amministrativi ai quali si chiede di accedere. Nel caso in specie il comune ha conservato i filmati della videosorveglianza per 4 giorni, in asserita applicazione della normativa europea e nazionale in materia di tutela della riservatezza di terzi nella detenzione prolungata di immagini digitalizzate». In pratica il Collegio si è limitato a dichiarare l’improcedibilità del ricorso introduttivo per sopravvenuta cessazione dell’interesse evitando in questa fase di entrare nel merito dell’interessante vicenda, che risulta comunque tutta incentrata sul tema della corretta regolamentazione data protestino dei sistemi di videosorveglianza urbana. Innanzitutto attraverso regolamenti comunali aggiornati alla normativa europea ed in grado di differenziare i diritti “privacy” dai normali diritti d’accesso. Facendo particolare attenzione in questa fase di regolamentazione locale e non limitare le previsioni normative di rango superiore.

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Può accadere, tuttavia, che il sinistro sia ripreso da dispositivi di videosorveglianza privati come quelli in uso da parte di negozianti, esercenti, condomini, proprietari di abitazioni circostanti, che potrebbero aver ripreso la strada o il luogo ove si è verificato l’evento. Tali risultanze possono essere richieste da chiunque vi abbia interesse ma potrebbero essere legittimamente negate dal titolare del trattamento, inteso quale soggetto cui competono le decisioni in ordine alle finalità ed alle modalità del trattamento dei dati personali salvo specifica richiesta dell’Autorità giudiziaria o di polizia giudiziaria in relazione ad un’attività investigativa in corso. È indubbio che la videosorveglianza privata non può eccedere il suo naturale scopo, che è quello di sicurezza e difesa della proprietà, e dunque non deve acquisire immagini non pertinenti, come le zone soggette a pubblico passaggio. È consigliabile, in caso di dinego del privato titolare del trattamento, richiedere la conservazione del fotogramma o comunque del video su apposito supporto da custodirsi a cura del responsabile del trattamento che, a rigore, dovrebbe aver cura di oscurare con appositi accorgimenti immagini di terzi irrilevanti per le finalità dell’accesso.

Non sono mancati interventi della competete Autorità Garante della privacy con cui si è fatto obbligo   telecamere dei negozi ubicati sul fronte strada di «limitare l’angolo visuale all’area effettivamente da proteggere, evitando, per quanto possibile, la ripresa di luoghi circostanti e di particolari non rilevanti per la tutela dell’interesse legittimo del titolare del trattamento»


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In conclusione, un breve appunto sulla rilevanza probatoria nel processo civile dei filmati derivanti dagli impianti di videosorveglianza. Con la proverbiale chiarezza ed incisività ed una buona dose di lungimiranza, il legislatore del Codice Civile (1942) aveva già disciplinato o, se volete, previsto il fenomeno, regolandone il regime di acquisizione agli atti del processo secondo la ben nota norma dettata dall’art. 2712 c.c. a mente del quale: “Le riproduzioni fotografiche, informatiche o cinematografiche, le registrazioni fonografiche e, in genere, ogni altra rappresentazione meccanica di fatti e di cose formano piena prova dei fatti e delle cose rappresentate, se colui contro il quale sono prodotte non ne disconosce la conformità ai fatti o alle cose medesime”. In ogni caso possono essere contestate in giudizio, quindi, le riprese che ritraggono la scena dinamica  del sinistro  (persone e veicoli) solo parzialmente (ad esempio, non riprendendo il punto ed il momento dell’impatto), o da notevole distanza che non permette di cogliere i dettagli necessari, o con una bassa risoluzione che non consente di individuare i movimenti e identificare la targa dei veicoli coinvolti; altrimenti i video costituiscono una prova valida e pienamente attendibile dell’accaduto. Anche la Cassazione da qualche tempo privilegia le prove per immagini – come le fotografie dei mezzi incidentati, scattate dagli stessi conducenti coinvolti – rispetto alle classiche testimonianze, e dubita fortemente di queste dichiarazioni umane e postume.