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La stipula di un piano di rientro non impedisce al correntista di far valere la nullità di clausole contrattuali preesistenti.

21/12/2022


A cura dell'avv. Paolo La Manna

Il piano di rientro di un debito assume di frequente la veste di dichiarazione unilaterale recettizia mediante la quale il correntista, riconoscendosi debitore di un dato importo nei confronti dell’istituto di credito, promette di pagare il debito riconosciuto mediante versamenti rateali a scadenze determinate.

Tuttavia, accade sovente che il correntista firmi il piano di rientro senza verificare preventivamente e rigorosamente il contenuto del documento, sottoscrivendo anche molteplici clausole penalizzanti che, oltre ad accertare il suo riconoscimento del debito, possono essere tese a paralizzare integralmente ogni contestazione su ipotetiche anomalie ed illeciti dell’affidamento bancario stesso.

Orbene, la Corte di Cassazione, con Ordinanza n. 37107 del 19 dicembre 2022 ha ribadito il principio di diritto già sancito dalla Cassazione con provvedimento n. 19792/2014 e, più recentemente, con Ordinanza n. 2855/2022, secondo cui “in tema di conto corrente bancario, il piano di rientro concordato tra la banca ed il cliente, ove abbia natura meramente ricognitiva del debito, non ne determina l'estinzione, né lo sostituisce con nuove obbligazioni, sicché resta valida ed efficace la successiva contestazione della nullità delle clausole negoziali preesistenti”.

Il piano di rientro, dunque, configurando una dichiarazione unilaterale recettizia che non integra una fonte autonoma di obbligazione, avendo piuttosto effetto confermativo di un preesistente rapporto fondamentale, non può supplire alla mancata documentazione della pattuizione, soggetta alla forma scritta ad substantiam, da cui tragga origine il rapporto giuridico tra correntista ed istituto di credito.

Tale principio è stato più volte affermato, ad esempio, con riguardo al tema degli interessi ultralegali: si è detto, al riguardo, che per la costituzione dell’obbligo di pagare interessi in misura superiore a quella legale è necessaria la forma scritta ad substantiam e che, perciò, è a tal fine inidonea una ricognizione del debito, atto successivo alla costituzione di detto obbligo (ex multis Cass. n. 15643/2003).

L’applicazione del principio sopra evidenziato, in conformità alla più attuale giurisprudenza di legittimità in materia, comporta che:

  • la banca, laddove agisca in giudizio nei confronti del correntista per il pagamento del saldo debitorio, in forza di un piano di rientro concordato avente natura meramente ricognitiva, non è esonerata dal documentare le condizioni convenute nel contratto di conto corrente, che è soggetto alla forma scritta ad substantiam a norma dell’art. 117 T.U.B.
  • ove il correntista, invece, abbia stipulato con la banca un piano di rientro di natura meramente ricognitiva, ciò non comporta l’estinzione del contratto di conto corrente originario, né lo sostituisce con nuove obbligazioni e, pertanto, il correntista può sempre contestare la nullità delle clausole negoziali del contratto di conto corrente, ove, naturalmente, le contestazioni abbiano validi presupposti e fondamento giuridico.