A cura dell'avv. Paolo La Manna
Il
piano di rientro di un debito assume di frequente la veste di dichiarazione
unilaterale recettizia mediante la quale il correntista, riconoscendosi
debitore di un dato importo nei confronti dell’istituto di credito, promette di
pagare il debito riconosciuto mediante versamenti rateali a scadenze
determinate.
Tuttavia, accade sovente che il correntista firmi il piano di rientro senza verificare
preventivamente e rigorosamente il contenuto del documento, sottoscrivendo anche
molteplici clausole penalizzanti che, oltre ad accertare il suo riconoscimento
del debito, possono essere tese a paralizzare integralmente ogni contestazione su ipotetiche
anomalie ed illeciti dell’affidamento bancario stesso.
Orbene,
la Corte di Cassazione, con Ordinanza n. 37107 del 19 dicembre 2022 ha ribadito
il principio di diritto già sancito dalla Cassazione con provvedimento n.
19792/2014 e, più recentemente, con Ordinanza n. 2855/2022, secondo cui “in tema di conto corrente bancario, il
piano di rientro concordato tra la banca ed il cliente, ove abbia natura
meramente ricognitiva del debito, non ne determina l'estinzione, né lo
sostituisce con nuove obbligazioni, sicché resta valida ed efficace la successiva
contestazione della nullità delle clausole negoziali preesistenti”.
Il
piano di rientro, dunque, configurando una dichiarazione unilaterale recettizia
che non integra una fonte autonoma di obbligazione, avendo piuttosto effetto
confermativo di un preesistente rapporto fondamentale, non può supplire alla
mancata documentazione della pattuizione, soggetta alla forma scritta ad substantiam, da cui tragga origine il
rapporto giuridico tra correntista ed istituto di credito.
Tale
principio è stato più volte affermato, ad esempio, con riguardo al tema degli
interessi ultralegali: si è detto, al riguardo, che per la costituzione dell’obbligo
di pagare interessi in misura superiore a quella legale è necessaria la forma
scritta ad substantiam e che, perciò, è a tal fine inidonea una ricognizione del
debito, atto successivo alla costituzione di detto obbligo (ex multis Cass. n. 15643/2003).
L’applicazione del principio sopra evidenziato, in conformità alla più attuale giurisprudenza di legittimità in materia, comporta che: